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Provati i “contatti”
con il clan Santapaola

«Una sentenza storica». È nel commento del procuratore Giovanni Salvi la valutazione della condanna a 6 anni e 8 mesi di reclusione che il Gupdi Catania ha comminato all’ex governatore della Sicilia e leader del Mpa, Raffaele Lombardo, per concorso esterno all’associazione mafiosa, accusa che assorbe anche la contestazione del voto di scambio con Cosa nostra. Per il giudice sarebbero quindi provati 10 anni di contatti con il clan Santapaola-Ercolano, ma non quelli con il clan Cappello, reato dal quale Lombardo è assolto. È la prima volta che per un presidente della Regione Siciliana è emessa una sentenza di condanna per concorso esterno all’associazione mafiosa. Ed è il secondo presidente della Regione ad essere condannato dopo Totò Cuffaro che sta scontando una pena a 7 anni di reclusione a Rebibbia per favoreggiamento aggravato. Quando l’inchiesta Iblis dei carabinieri del Ros viene a galla, nel novembre del 2010, Lombardo è un politico in ascesa, da possibile ministro del governo Berlusconi passa alla guida della Regione e con il suo Mpa è corteggiato dal centrodestra, col quale vince le elezioni nel 2008, e dal centrosinistra, col quale fa un accordo e vara una giunta “tecnica” ap - poggiata dal Pd ricevendo l’accusa di “ribaltonista” dai suoi ex alleati. Forte di consensi popolari, che per i suoi detrattori sono frutto di “clientele”, Lombardo ottiene voti in crescendo. Per la Procura di Catania in parte arrivano anche da Cosa nostra. Nata da uno stralcio dell’in - dagine Iblis dei carabinieri del Ros di Catania su presunti rapporti tra Cosa nostra, politica e imprenditori, l’inchiesta era sfociata in un processo per reato elettorale davanti al giudice monocratico per Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa. La Procura ha poi presentato una richiesta di archiviazione per concorso esterno all’associazione mafiosa che il Gip Luigi Barone, in camera di consiglio, ha rigettato disponendo l’imputazione coatta. Nel frattempo i pm hanno contestato l’aggravante mafiosa per il reato elettorale, atto che ha di fatto concluso il processo davanti al giudice monocratico. Così le accuse dei due fascicoli sono confluite in un unico procedimento davanti al Gip Marina Rizza, dove la Procura ha depositato nuove accuse. Per l’ex governatore Raffaele Lombardo la Procura di Catania aveva chiesto la condanna a 10 anni reclusione «ritenendo che ci siano elementi solidi per affermare la sua responsabilità nell’avere contribuito all’organizzazione Cosa nostra per circa 10 anni, fino al 2009». E oggi, osserva il capo dell’ufficio Giovanni Salvi, raccogli i frutti di «un lavoro importante», fatto da una «procura unita» . Il procuratore parla di «fatto storico». «Per la prima volta – spiega – arriva la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa per un presidente della Regione Siciliana». Lombardo commenta la sentenza con laconico «me l’aspettavo». «È l’epilogo naturale – sostiene – del primo grado di giudizio, ma io sono sereno. Il giudice, oltre che onesta, per bene, imparziale, indipendente, non poteva avere un coraggio sovrumano da schierarsi con una sentenza di assoluzione ». L’ex governatore riconosce ai suoi legali di avere «condotto una battaglia veramente straordinaria dal punta di vista professionale» e si richiama a «Sciascia, conoscendo il contesto ». «Man mano che la tensione si attenuerà – ritiene Lombardo – nei passaggi successivi affermeremo la verità anche perché i reati che mi vengono contestati sono assurdi e ridicoli ».

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