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Omicidio Alfano, c'è un nuovo indagato

Omicidio Alfano, c'è un nuovo indagato

L’inchiesta sull’omicidio di Beppe Alfano va avanti, e ogni giorno il quadro si evolve.

Ma c’è dell’altro. E cioé che la Dda di Messina, a quanto pare nelle scorse settimane, ha trasmesso per competenza “incrociata” ex art. 11 c.p.p. alcuni verbali dei fratelli Carmelo e Francesco D’Amico ai colleghi di Reggio Calabria, perché ci sarebbero alcune loro dichiarazioni che riguardano due magistrati che in passato hanno lavorato tra Barcellona e Messina. Il contenuto è ovviamente “top secret”, ma per decidere la trasmissione è evidente che è stata fatta una valutazione sulla eventuale rilevanza penale dei fatti.

Torniamo al caso Alfano. Nelle scorse settimane i magistrati della Dda peloritana Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo avevano iscritto nel registro degli indagati il 41enne barcellonese Stefano Genovese, killer “a pagamento” e fedelissimo esecutore degli ordini di Giuseppe Gullotti, con l’accusa di aver preso parte all’omicidio di Alfano. Adesso, a distanza di qualche settimana da quel primo passo giudiziario molto concreto a ben ventidue anni dai fatti, c’è un’altra iscrizione “top secret” nel registro degli indagati sempre per gli stessi fatti, ed è quella del presunto fiancheggiatore di Genovese, indicato dai fratelli D’Amico in più verbali come il soggetto che avrebbe quantomeno preso parte alla fare preparatoria dell’esecuzione.

Si tratta del barcellonese Basilio Condipodero. C’è quindi altro materiale investigativo nel fascicolo “ter” sulla morte del giornalista, un fascicolo che si va sempre più ingrossando di nomi, fatti, particolari, e che potrebbe portare nei prossimi mesi ad avere un quadro molto più chiaro e definito del perché, e soprattutto da chi, venne ucciso il povero Alfano. Tutto questo rispetto a una verità processuale che a questo punto sembra sempre più lontana dalla realtà.

Ma cosa dice Francesco D’Amico in questo verbale secretato dell’ottobre 2014?. Ecco: «... nel 1993 circa è stato commesso l’omicidio del giornalista Alfano, del quale non ricordo il nome di battesimo; in questo momento ricordo, anzi, che il suo nome era Beppe. alfano fu ucciso nei pressi del ponte di Barcellona... all’incirca... il bar “Gran Café”; non ricordo il nome preciso della via; anzi, in questo momento mi pare che la strada fosse via Marconi».

Poi il collaborante parla di una confidenza ricevuta dal fratello Carmelo: «... mio fratello Carmelo, dopo che uscì dal carcere nel 1995, a seguito del triplice omicidio Raimondi-Geraci-Martino, mi disse che quell’omicidio non era stato commesso da Antonino Merlino, che dunque era stato arrestato un innocente e che l’esecutore materiale di quel fatto di sangue era stato, in realtà, Stefano Genovese. Mio fratello Carmelo non mi disse come fosse venuto a sapere queste circostanze. Per l’omicidio Alfano furono arrestati Merlino e Pippo Gullotti ma mentre Merlino non c’entrava niente, era coinvolto in pieno Gullotti».

Ecco poi il passaggio sul presunto coinvolgimento di Condipodero: «Mi pare di ricordare che Carmelo mi disse anche che all’omicidio Alfano aveva partecipato tale Basilio Condipodero, soggetto anche lui affiliato ai barcellonesi. Specifico però che non sono sicuro che mio fratello mi abbia riferito di tali circostanze. Mi pare di ricordare che la partecipazione di Condipodero all’omcdio Alfano me l’abbia riferita qualcun altro, mas i nquesto momento non ricordo chi».

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La vicenda

Un’esecuzione che risale a 22 anni fa

Ventidue anni fa, a Barcellona Pozzo di Gotto fu ammazzato dalla mafia Beppe Alfano, un giornalista (il tesserino gli venne dato alla memoria), corrispondente per “La Sicilia”, la cui vita fu stroncata l’8 gennaio del 1993 con tre pallottole calibro 22, di cui una in bocca. Beppe Alfano, quando è stato ucciso, aveva appena 42 anni, era sposato e aveva tre figli. Fu ammazzato sotto casa, in via Marconi, intorno alle dieci di sera, mentre era sulla sua Renault 9 amaranto.

Ora emergono nuovi scenari rispetto alla sentenza definitiva che vede in carcere il mandante, il boss barcellonese Giuseppe Gullotti, condannato a trent’anni, e quello che fino all’altro ieri era ritenuto il suo killer, l’autotrasportatore barcellonese Antonino Merlino, che sta scontando la pena di ventun anni e mezzo.

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