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No all'olio d'oliva tunisino

No all'olio d'oliva tunisino

L'autorizzazione all'ingresso in Italia di 35 mila tonnellate di olio d'oliva tunisino l'anno fino al 2017 senza pagare dazi doganali rischia di mettere completamente in ginocchio l'agricoltura siciliana e la produzione di olio siciliana. Lo paventa la mozione presentata all'Ars dal deputato del Partito Democratico Nello Dipasquale. La proposta, avanzata dal commissario europeo Federica Mogherini sarà presto portata all'esame del Parlamento Ue. Alla base del provvedimento ci sarebbe la necessità di fornire un atto di solidarietà nei confronti della Tunisia, provata dagli attacchi dell'Isis. «Al popolo Tunisino va tutta la solidarietà e la vicinanza del Parlamento Siciliano - afferma Dipasquale - ma la nostra isola non può continuare a pagare con la propria agricoltura il prezzo più altro degli accordi che si susseguono in favore della stabilità nell’area del Nord Africa». La mozione impegna il governo regionale ad intervenire presso il governo nazionale affinché Bruxelles «riveda la soluzione rivolta a favorire l’export di 35.000 tonnellate di olio d’oliva dalla Tunisia verso l’Unione Europea, anche se come misura temporanea fino al 2017». Dipasquale ricorda che «l’introduzione di settantamila tonnellate di olio tunisino in due anni nel mercato dell’Unione Europea  rappresenterebbe un colpo mortale all’agricoltura siciliana. Oltretutto la Sicilia - ricorda - sconta ancora i danni provocati dal precedente accordo euromediterraneo con il Marocco del 2012, che era stato motivato dall’esigenza di promuovere un processo di democratizzazione del Paese. La Sicilia ha pagato il prezzo più alto tra le regioni d’Europa, con danni immensi al comparto agrumicolo ed ortofrutticolo. Oltretutto la Comunità Europea non ha ancora riconosciuto le misure di salvaguardia dovute alla Sicilia e previste dall’articolo 7 dell’accordo con il Marocco. Adesso – conclude Dipasquale – bisogna evitare che l’agricoltura siciliana possa essere messa in ginocchio da un ennesimo accordo chiuso a Bruxelles».

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