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Trivelle, si vota il 17 aprile

Trivelle, si vota il 17 aprile

I Consigli regionali di Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise esortano a votare 'sì' al referendum del 17 aprile che dovrà decidere sullo stop definitivo alle trivellazioni in mare entro le 12 miglia. Che si traduce a loro dire in una scelta politica sul futuro dell'approvvigionamento energetico. Ma tra gli amministratori serpeggia anche tanta preoccupazione sul grado di informazione nel Paese, per questo stamattina, durante un'affollatissima conferenza stampa alla Camera, è partita una richiesta a tutti i parlamentari affinché diffondano quanto più possibile le ragioni e le coordinate dell'evento. Netto l'invito lanciato dal presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza (Pd), coordinatore del Comitato referendario in quanto esponente della regione capofila in questa battaglia, per il quale "il 17 aprile è importante votare 'sì' per dire un secco 'no' alle trivelle entro le 12 miglia". L'amministratore lucano poi ha tenuto a precisare che "il referendum non metterà a rischio nessun posto di lavoro", ma soprattutto, ha aggiunto, gli italiani "capiranno chi sono i 'furbetti del quartierino' che inviteranno a non votare, impedendo di fare una scelta sul futuro energetico del nostro Paese, liberando il mare dalle trivelle". Per il suo omologo della Sardegna, Gianfranco Ganau, "il referendum ha un significato politico sulla possibilità di tornare indietro sulle politiche energetiche e chiederne uno sostenibile". Molto concreto l'intervento di Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto: "se non si fermano le trivellazioni in mare si corre il rischio di creare gravi problemi al turismo e alla pesca, come potrebbe accadere in Veneto, la mia regione", ha esordito nel suo intervento, "per questo sostengo la necessità di cambiare approccio verso l'approvvigionamento energetico". La speranza di Maria Maranò, coordinatrice nazionale di 'Vota Sì', è che "almeno 25 milioni di cittadini vadano a votare, anche se il governo ci ha posto condizioni proibitive e gli italiani non sono ancora stati informati, neanche sulla data del referendum". Maranò ha poi tenuto a dire che "dietro il sì non c'è ne oscurantismo, ne una sindrome 'nimby'". Tra lo schieramento delle regioni dice la sua anche il presidente dell'Assemblea legislativa delle Marche, Antonio Matrovincenzo, che invita a "muoversi con determinazione contro l'inquinamento e a favore della sostenibilità ambientale, delle fonti rinnovabili, dell'innovazione e della tutela delle bellezze naturali del nostro territorio".

Secondo un sondaggio Swg commissionato dalle regioni 'No-Triv' il 78% degli italiani è propenso a votare sì al referendum, contro un 22% di 'no'. La percentuale più alta di favorevoli allo stop degli impianti sarebbe in Basilicata (che è regione capofila per l'iniziativa referendaria) con l'89%. Sempre secondo la rilevazione il 52% degli italiani pensa che la qualità ambientale in Italia è 'seriamente minacciata', contro un 41% per il quale 'vive alcuni pericoli' e un 7% per cui "non è particolarmente in pericolo'. Il referendum del 17 aprile chiede di fermare le trivellazioni in mare, in particolare di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane, per lo più senza limiti di tempo. Quindi, con il 'sì' sulla scheda, le attività petrolifere andranno progressivamente a cessare, secondo la scadenza 'naturale' fissata al momento del rilascio delle concessioni. C'è poi da aggiungere che al quesito del 17 aprile è possibile se ne aggiungano altri due. Infatti la Consulta il 9 marzo si pronuncerà sull'ammissibilità dei quesiti 2 e 3, relativi rispettivamente al 'piano delle aree' e alle 'proroghe dei titoli'.

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