"Giovanni Brusca dice tutto lui, sa tutto lui, ma nessuno di noi sa niente. Questo è un inventore, si inventa le cose, è uno che ha ucciso molte persone. Io lo conosco perché sono di Corleone, lui di San Giuseppe Jato e avevamo dei terreni confinanti. Di altro non so". Così il boss Totò Riina ha risposto alle domande dei difensori di Cosimo D'Amato, Giuseppe Barranca e Cristofaro "Fifetto" Cannella, imputati al processo d'appello bis per la strage di Capaci, in corso in corte d'assise d'appello a Caltanissetta. "Di tutte queste cose io non so niente", ha aggiunto quando gli chiedevano di un incontro con Brusca in cui si sarebbe parlato dell'esplosivo per l'attentato a Falcone. Brusca aveva dichiarato che era stato Riina stesso a dirgli che parte dell'esplosivo era stato procurato dai fratelli Graviano, boss palermitani di Brancaccio. Dunque nessuna ammissione e nessuna rivelazione sulla strage del 23 maggio '92 da parte del padrino corleonese; la deposizione è durata pochi minuti. Il capomafia, recentemente ricoverato in ospedale a Milano e detenuto al 41 bis a Parma, è parso affaticato, tanto che più volte sia i giudici che le parti hanno dovuto fargli ripetere le frasi che pronunciava perché difficili da capire.
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