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L’Italia non può crescere se non risolve la questione meridionale

L’Italia non può crescere se non risolve la questione meridionale

Un Sud ancorato ai suoi limiti è una zavorra per tutto il Paese, eppure la “questione meridionale” sembra totalmente fuori dall’agenda politica nazionale, rimanendo irrisolta. Un percorso tortuoso tra passato e futuro tracciato in occasione del convegno organizzato dall’Università di Messina e dalla Fondazione Bonino-Pulejo in concomitanza con la seconda edizione di “Onore al Merito-Premi alla Carriera”.

«Il federalismo così come è stato interpretato ha abbandonato le Regioni al loro destino, disgregando l’idea di paese – ha esordito l’editorialista del Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia, uno degli ospiti di prestigio dell’evento –. Ma i motivi che hanno portato al decadimento del Mezzogiorno sono legati anche ad un declassamento della classe politica che storicamente aveva tenuto vivo il dibattito, portando ad un quadro drammatico». Dallo Stretto a Lodi, passando per Napoli, la cronaca racconta di amministrazioni locali alle prese con grane giudiziarie:. «Il sistema ha invaso il mondo delle professioni, non limitandosi più alle sole classi popolari», ha aggiunto Galli della Loggia. Il risultato è un’Italia spaccata e due stati, un “frame” che trova origine fin dal Risorgimento italiano ”, senza mai essere stato spazzato via. «Il deficit meridionale è stato spesso considerato come un fatto collaterale alla crescita italiana o al massimo una questione sociale-assistenziale, a parte un breve periodo e per un intervento straordinario – ha ricordato il presidente della casa editrice Longanesi, Ferruccio De Bortoli –, oggi il Paese ha bisogno del Sud per ripartire e il Sud necessita di investimenti soprattutto privati per far sì che le diseconomie si riducano. Si rileva una perdita delle potenzialità industriali nazionale del 20%, determinando una crescita economica pari alla metà degli altri Paesi europei». Soluzioni? «I fondi strutturali europei e di coesione sono ingenti, sul piatto abbiamo dodici patti territoriali e in Sicilia ben tre città metropolitane che come in altre parti del mondo posso attrarre risorse attraverso piani strategici. Uscire da questa condizione è una sfida per l’intera classe dirigente nazionale». Una chiave è non limitare il confronto ai soli esperti, ma i numeri del Sud sono oggi impietosi, come ha ricordato il presidente della Fondazione, Lino Morgante: tali da rendere vicinissimo il «punto di non ritorno, che rischia di trascinare il Paese nel “secondo cerchio” dell’Unione Europa», una retrocessione nelle dinamiche continentali che genererebbe gravi ripercussioni e che dunque richiama tutti all’impegno per garantire la ripresa.

Per il rettore Pietro Navarra, il solo recepimento dei finanziamenti potrebbe però non bastare, perché i fondi che arrivano devono trovare terreno fertile per attecchire. Occorre un cambiamento culturale che passa da una diversa visione dell’altro, da un ritrovamento della fiducia reciproca, dal rivedere i rapporti con le persone disabituandosi all’approccio basato sull’opportunismo, un orientamento che rende faticosa l’assegnazione delle giuste punizioni ai colpevoli di atti illeciti, tendendo quasi a giustificarli.

Protagonisti della giornata sono stati i 300 studenti che, riportando un primato nella media degli esami sostenuti nell’ultimo anno, hanno ricevuto un assegno di mille euro ciascuno ed un attestato come premio alla carriera.

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