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Truffe immobiliari, condannati in tre

Truffe immobiliari, condannati in tre

Ragusa - Si è chiuso con tre condanne il processo sulle presunte truffe immobiliari a carico del 51enne Giovanni Conti, del 50enne Carmelo Nobile e della 49enne Maria Campo, tutti residenti a Modica e a suo tempo coinvolti nell’operazione portata a termine dalla Guardia di Finanza. Nobile è stato condannato a due anni di reclusione e mille euro di multa, mentre a Conti e alla Campo il giudice Vincenzo Saito ha inflitto un anno e sei mesi di reclusione ciascuno e 800 euro di multa. Nobile dovrà inoltre procedere al risarcimento di 150 mila euro ad una delle persone truffate e costituitasi parte civile, e, in solido con Conti, pure al risarcimento di altri 120 mila euro in favore di un’altra parte civile. Il pm Concetta Vindigni aveva chiesto una pena complessiva di nove anni, tre per ciascun imputato. La Campo, Conti e Nobile, difesi dall’avvocato Mario Caruso, hanno beneficiato della sospensione condizionale della pena, subordinata, però, solo per gli ultimi due imputati, alla liquidazione del risarcimento alle parti civili che dovrà avvenire entro due mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.

L’inchiesta aveva sgominato un’associazione per delinquere finalizzata ai raggiri nel settore della compravendita di immobili. Secondo l’accusa, gli imputati avrebbero truffato ignari compratori, emettendo assegni scoperti o non incassabili, vendendo immobili esistenti solo sulla carta e firmando atti di compravendita falsi. I reati sarebbero stati commessi in un arco temporale di quasi cinque anni, dal 2006 al 2011. Le indagini delle fiamme gialle avrebbero ricostruito i flussi finanziari che derivavano dalle compravendite fittizie. Attraverso diverse società, alcune delle quali gestite per mezzo di prestanome, sarebbero stati acquistati immobili con titoli di credito non esigibili, emessi attraverso un meccanismo piuttosto comune nelle truffe sui pagamenti. Gli assegni venivano il più delle volte consegnati, facendo leva sulla buona fede dei creditori, ma recavano una firma diversa dai reali titolari dei conti corrente, che spesso si rivelavano essere dei meri prestanome, alcuni dei quali ignari delle truffe. Nella vicenda furono coinvolte altre persone poi prosciolte.

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