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Basterà il 40%
per diventare sindaco

Basterà il 40% per diventare sindaco

Approvata dall’Ars, con 42 voti a favore, 23 contrari e due astenuti, la nuova legge elettorale per gli enti locali, Parlare di antitesi, rispetto alla normativa precedente, non è un errore, visto che non sarà più proclamato sindaco il candidato che avrà ottenuto più voti, ma quello della coalizione più votata e sulla cui candidatura si sono trovate d’accordo le segreterie dei partiti alleati, anche se per buona parte dell’elettorato è un perfetto sconosciuto. È stato ripristinato, infatti, il voto di traino, per cui, secondo la capogruppo del Pd Alice Anselmo, «questa legge rende più semplice e partecipato il sistema elettorale siciliano». Più che soddisfatto anche il segretario regionale del Pd Fausto Raciti che, smentendo la voce secondo cui questa legge avrebbe le sue origini nel tentativo di impedire l’elezione a sindaco dei candidati del Movimento Cinquestelle, ha rilevato: «quando si è aperta la discussione sulla legge elettorale, ben prima delle elezioni amministrative, pochi avrebbero scommesso su questo risultato: oggi abbiamo dimostrato che si poteva fare una legge più coesiva, più democratica, più equilibrata». Concetto condiviso, almeno per quanto attiene all’interpretazione antigrillina della norma varata, dal leader della Destra Nello Musumeci. «attenti: l’obiettivo della maggioranza dell’Ars – ha affermato dalla Tribuna parlamentare in sede di dichiarazione di voto – non sono i Cinquestelle. Il vero obiettivo sono tutti quei sindaci, amministratori e uomini politici che hanno consenso, a prescindere dai partiti, e che questi vogliono normalizzare, obbligare alle alleanze e poi ricattare con l’abbassamento del quorum sulla sfiducia: insomma, è una minaccia in stile mafioso, un incaprettamento in piena regola. Dimenticano la regola fissa iniziata con il referendum di Segni: chi fa le leggi per sé alla fine perde le elezioni…».

Riserve e perplessità, sempre in sede di dichiarazione di voto, sono state manifestate anche dal deputato del Pd Filippo Panarello, secondo cui la nuova normativa, nel suo complesso, indebolisce, di fatto, sindaci e consiglieri comunali. Per il presidente del gruppo misto Girolamo Fazio «è un salto all’indietro di 24 anni», a prima che l’Ars approvasse la legge elettorale proposta dall’allora presidente della Regione Giuseppe Campione e considerata, con l’eccezione delle segreterie politiche romane che ne pretesero quasi subito la modifica, all’avanguardia a livello mondiale. Per il commissario di Forza Italia Gianfranco Micciché in realtà questa norma, assai diversa nelle parti più importanti dal testo varato dalla commissione Cascio, a cui ha dato una impronta particolare la dirigenza del Pd, altro non sarebbe che, con l’imposizione del 40 percento come soglia minima per evitare i ballottaggi, la versione siciliana dell’Italicum di Matteo Renzi, modificata nel senso voluto dai suoi alleati, per attribuire un significato determinate al voto per le coalizioni. E, a differenza dei Cinquestelle che le hanno attribuito il nome di “truffarellum” lui l’ha chiamata “trinacriellum”. «Questa legge – ha comunque avvertito la deputata Cinquestelle Valentina Palmeri – è un boomerang per i proponenti. Vi manderemo a casa», ha aggiunto il Cinquestelle Giancarlo Cancelleri.

Bocciato, con 33 voti a favore e 36 contrari anche il tentativo di Santi Formica di abrogare il voto di genere. «Non è contro le donne – aveva spiegato – ma con la doppia preferenza c’è il rischio di favorire chi controlla i pacchetti di voti. Per le quote rosa – ha spiegato – è sufficiente che le liste siano composte per almeno il 50 per cento da donne».

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