Domenica 28 Aprile 2024

“Fenicie” di Euripide metafora della guerra che oppone i fratelli

“Fenicie” di Euripide metafora della guerra che oppone i fratelli

SIRACUSA

Anche il secondo spettacolo del cinquantatreesimo ciclo di rappresentazioni classiche allestito dalla Fondazione Inda ha incontrato il favore del numeroso pubblico: applausi per le “Fenicie” di Euripide, tornate sulle scene del teatro siracusano dopo 49 anni con la regia di Valerio Binasco. La sventurata vicenda della casa di Edipo e dei suoi figli fratricidi anche stavolta diventa metafora della guerra che oppone i fratelli e arreca lutto ai popoli, sia pure alla luce di un'idea del rapporto con la giustizia e con la divinità che è profondamente diverso da quello di Eschilo.

A curare la traduzione del testo di Euripide è stato Enrico Medda, mentre scene (anche in questo allestimento campeggia un grande albero, ma secco e con le radici esposte, a segnare la fine della stirpe) e costumi (di foggia contemporanea, che richiamano la seconda guerra mondiale) sono di Carlo Sala e le musiche di Arturo Annecchino (eseguire in scena dal vivo dalla pianista Eugenia Tamburri).

In scena una intensa Isa Danieli nei panni di Giocasta, Guido Caprino che ha interpretato Eteocle, Gianmaria Martini nei panni di un Polinice sempre sopra le righe, e poi ancora Giordana Faggiano (Antigone), Michele Di Mauro (Creonte), Alarico Salaroli (Tiresia), Simone Luglio (pedagogo), Massimo Cagnina (araldo), Matteo Francomano (Meneceo), Yamanuchi Hal (Edipo) e Simonetta Cartia (prima corifea). A formare il coro (le Fenicie straniere, i cui costumi evocano le profughe deportate nell'Europa in fiamme durante la seconda guerra mondiale) i ragazzi dell’Accademia d’arte del dramma antico, sezione “Giusto Monaco”.

E alla fine dello spettacolo, come sorpresa finale, i ringraziamenti al suono di “Heroes”, il celebre brano di David Bowie, e una “chicca” per il pubblico della prima, introdotta dal regista: una microesibizione del musicologo e musicoterapeuta siracusano Raffaele Schiavo, che ha musicato alcuni dei versi finali della tragedia, “cantandoli” in greco: un esempio di come, forse, doveva essere il recitato-cantato antico.

Le Fenicie, come ha raccontato il regista «prive forse come sono di un tono elevato tipico della maggior tradizione, offrono invece uno sguardo più umano sulla vicenda che raccontano» e contengono pur «un elenco di difetti che però rendono molto stimolante la messa in scena». «Credo – ha aggiunto Binasco – che il Teatro, mille secoli fa come oggi, debba dire qualcosa di terribilmente relativo su qualcuno siamo tutti».

“Fenicie” e “Sette contro Tebe”, con la regia di Marco Baliani, si alterneranno sulle tavole del Teatro greco aretuseo fino al 25 giugno.

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