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Clan di Giostra e gioco d’azzardo, in 44 a giudizio

Clan di Giostra e gioco d’azzardo, in 44 a giudizio

In 44 sono stati rinviati a giudizio, il processo inizierà il prossimo 6 maggio del 2019 davanti al giudice monocratico. Per cinque s’è aperto lo spiraglio giudiziario della “messa alla prova”, che potrebbe estinguere il reato, se ne riparlerà l’11 dicembre. E infine per uno si dovrà ripartire di nuovo per difetto di notifica.

Ecco il responso finale siglato dal gup Daniela Urbani al termine dell’udienza preliminare per il filone processuale dell’operazione antimafia “Totem” sul clan di Giostra, che si occupa però solo dei reati legati alla gestione del gioco d’azzardo.

Globalmente sono comparse davanti al giudice 50 persone: Antonino Barbera, Fortunato Bellamacina, Francesco Bitto, Natale Caruso, Paolo Chiaia, Maria Antonia Cicero, Antonio Civello inteso “Anthony”, Rosario Costantino, Giuseppe Cucinotta, Massimo Currò, Paolo Currò, Antonino Cutè, Luciano De Leo, Santi De Leo, Antonino Agatino Epaminonda, Roberto Ferrara, Francesco Forestiere, Francesco Gigliarano, Francesco Giuffrida, Antonino Guglielmino, Giovanni Ieni, Francesco Irrera, Luigi Irrera, Francesco La Camera, Roberto Lecca, Michele Lombardini, Giovanni Mancuso, Orazio Margurio, Filippo Marsala, Anna Morana, Giovanni Pagano, Daniele Pantò, Concetta Pappalardo, Simone Patì, Veronica Pernicone, Carmelo Rosario Raspante, Maria Rello, Pasquale Romeo, Gaetano Russo, Toruccio Salvatico, Carmelo Salvo, Pietro Santamaria, Giuseppe Schepis, detto “U bumbularu”, Carlo Sergi, Luigi Tibia, Francesco Tomasello, Giovanni Versaci, Daniele Vinci, Ignazio Vinci, Giovanni Zanghi.

Per cinque il gup Urbani ha accolto la richiesta di “messa alla prova”: si stratta di Giuseppe Cucinotta, Fortunato Bellamacina, Antonino Barbera, Antonino Cutè e Giovanni Mancuso. Per uno si ricomincia di nuovo per difetto di notifica: Rosario Carmelo Raspante. Per tutti gli altri 44 invece ci sarà il processo, vista la decisione del gup di rinvio a giudizio, processo che inizierà il 6 maggio del 2019.

Le accuse

Gli imputati sono accusati, in concorso, di esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa, con l’aggravante di avere commesso il fatto «per agevolare l’attività dell’associazione mafiosa facente capo a Luigi Tibia». L’atto in questione si riferisce all’installazione e gestione in pubblici esercizi nel territorio di Messina, tra bar, rivendite di tabacchi, sale giochi, circoli e associazioni, di apparecchi terminali, strutturati nella forma di “Totem” e collegati alla rete internet, per effettuare gioco a distanza, in assenza di autorizzazione da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli o licenza. Il gip Monica Marino ha scritto in proposito che l’associazione diretta da Tibia si muoveva lungo due direttrici: «L’installazione e la gestione in diverse sale giochi controllate dal clan di apparecchiature, che hanno permesso la partecipazione al gioco a distanza (attraverso i “totem”), in assenza di concessione e autorizzazione; l’acquisizione di ingenti proventi illeciti tramite scommesse on line».(n.a.)

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