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Musumeci: mi preoccupano i conti, non gli assessori

Musumeci: mi preoccupano i conti, non gli assessori

Messina

Il governatore siciliano Nello Musumeci più che ai suoi assessori in questi giorni pensa alle cifre inquietanti che ha trovato nelle tasche economiche della Sicilia da quando si è insediato, si parla per difetto di cinque miliardi di euro di deficit e cinquecento milioni di disavanzo.

Alle dieci di sera ha finito da poco l’ennesima riunione con i suoi collaboratori parlando solo di cifre, e sbotta all’ennesima domanda “necessitata” sui nomi: «Mi creda, il toto assessori di questi giorni non mi interessa proprio, non mi interessa di caselle da riempire, posso ribadire ancora una volta che è tutto un lavoro affidato alla scelta del presidente, il quale ha già ascoltato i segretari regionali dei partiti e i rappresentanti dei movimenti della coalizione».

– Quindi fino ad oggi solo Armao, Lagalla e Sgarbi sono i nomi certi per la sua giunta?

«Sì certo, sono i tecnici che affiancheranno i politici».

– Torniamo a parlare dei debiti che tutti i siciliani si portano appresso, 5 miliardi di deficit e 500 milioni di euro di disavanzo.

«Parliamo di numeri molto approssimativi, potrebbero essere di più, quindi la situazione è ancora più tragica. E poiché io non intendo nascondere nulla ai siciliani come fa un buon medico col proprio paziente, prima di indicare la terapia li informo sulla diagnosi, anche quando è spietata».

– Ma con i suoi collaboratori avrà pensato a misure strutturali per fare fronte?

«Fatemi costituire la giunta, organizzare gli uffici, per ora posso avere solo delle mie idee che non rendo pubbliche. È necessario avere una ricognizione completa sui debiti nei confronti di terzi, sulla situazione delle partecipate, abbiamo la necessità di avere un quadro ricognitivo completo e puntuale, solo allora si può avere una diagnosi».

– Già, ma come si può conciliare tutto questo enorme “buco” economico con la possibilità che a gennaio prossimo salti il tetto dei 240mila euro come limite per le retribuzioni dei deputati all’Ars?

«Non ho notizie particolari in merito, in ogni caso è un tema che va affrontato con i nuovi vertici del parlamento».

– Conferma che vuole accelerare sulla composizione del suo governo senza aspettare l’elezione del presidente dell’Ars?

«Se sono nelle condizioni di varare la giunta anzitempo non capisco perché debba aspettare, c’è tanto lavoro da fare e le scadenze sono inesorabili, quando arrivano vanno affrontate».

– Le prime?

«Senza dubbio i rifiuti, è il tema fondamentale, poi ovviamente il bilancio, il documento di programmazione, bisogna poi predisporre l’esercizio finanziario perché non c’è un bilancio del 2018 approvato e neanche abbozzato».

– Nella lotta alla mafia cosa intende fare?

«Quello che ho fatto in 47 anni di politica, non c’è nessun elemento di novità, la lotta alla mafia non è un obiettivo programmatico, guai se lo fosse, deve essere un prerequisito, specie per chi riveste ruoli pubblici».

– Le “scorie” delle polemiche sugli impresentabili resistono...

«Sono presentabilissimi per le leggi dello Stato, altrimenti non sarebbero stati candidati, il problema è etico e di opportunità politica».

– Cosa pensa delle inchieste che hanno già travolto quattro deputati all’Ars?

«Non mi permetto di giudicare l’operato della magistratura, nel rispetto dei reciproci ruoli e della reciproca autonomia».

– In Sicilia ci sono migliaia di famiglie che non arrivano alla fine del mese, c’è povertà diffusa, lei cosa dice a questi suoi conterranei?

«Abbiamo il dovere di guardare a chi rimane indietro, creare aspettative sarebbe pericolossisimo, tutto è legato alle concrete disponibilità finanziarie della Regione. Non c’è dubbio che le famiglie con disabili gravissimi e le famiglie povere con prole numerosa rappresentano la priorità nelle politiche sociali che intendiamo realizzare. Al tempo stesso bisogna lavorare per rimettere in moto l’economia, ridare protagonismo alle imprese e stimolare la crescita dei consumi».

– Si ma chi non ha un euro cosa consuma?

«Infatti l’ho citato per ultimo come termine. È l’impresa che determina la ricchezza, non la pubblica amministrazione».

– Ma non crede che proprio questo voto sia stato inquinato dalla povertà e dal bisogno di migliaia di siciliani?

«Da 70 anni le classi dirigenti sono lo specchio della società civile, e lo sono nel bene e nel male».

– Che Sicilia vuole lasciare al suo successore?

«Una regione normale».

– Quindi attualmente non lo siamo?

«Rispetto alle macerie e alle devastazioni di fronte alle quali ci troviamo in questi giorni ci sono responsabilità recenti e remote. Certo dobbiamo fare un po’ i conti: il centrismo in questi 70 anni ha governato per 11, il centrodestra per 10, il centrosinistra per 47. Ecco, in proporzione le responsabilità vanno suddivise».

– Chiudiamo ancora con i guai finanziari. Cosa intende fare?

«Senza dubbio andrò a Roma dal premier Gentiloni, il governo nazionale non può restare indifferente al serio pericolo del default. È anche vero che sul fronte investimenti abbiamo 7 miliardi da spendere tra Fondo di coesione sociale, fondi strutturali e fondi del Patto per il Sud. Ma ribadisco, non voglio nascondere nulla, e dico che la crisi finanziaria e strutturale rischia di portarci al collasso. Credo sia questo il vero problema dei siciliani, e non il toto assessori».

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