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Musumeci vince il primo round con Miccichè

Musumeci vince il primo round con Miccichè

Non è il governo a immagine e somiglianza del presidente, ma nel rispetto formale degli accordi Musumeci è riuscito a vincere il primo round con Gianfranco Miccichè su più fronti. Il commissario regionale di Forza Italia ha dovuto incassare le logiche imposte dal nuovo governatore. Nello scacchiere della giunta Musumeci ha collocato le sue bandierine, occupando i posti chiave con uomini distanti dal gioco delle correnti in mano a Miccichè. Un nucleo forte che ha anche una spiccata identità territoriale. Su questo versante il nuovo governatore ha fatto prevalere i connotati etnei, riconducibili alla cordata radicata nella sua storia politica lievitata nella destra catanese, da Almirante in poi.

Il patto di ferro con l’eurodeputato di Forza Italia, Salvo Pogliese, ha occupato l’asse centrale nella giunta regionale. Non è solo Marco Falcone che risponde a questa logica, ma anche Edy Bandiera. Il nuovo assessore di Siracusa è stato spinto da Stefania Prestigiacomo (che però in campagna elettorale aveva sostenuto l’ex sindaco di Priolo), ma viaggia anche in un percorso parallelo a braccetto con Marco Falcone. Un assetto che trova il perno in Ruggero Razza, l’uomo più vicino a Musumeci. Completa l’album Sandro Pappalardo che ha sbaragliato la concorrenza leghista, anche se non c’è mai stata partita. Figuriamoci se Musumeci si metteva dentro uno come Attaguile, riverniciato da Salvini ma con origini nella profonda Prima Repubblica. E Miccichè ha dovuto subire anche la bocciatura dei candidati trapanesi veicolati dal ras Antonio D’Alì. Alla fine la provincia di Trapani sarà rappresentata da Mimmo Turano, esponente dell’Udc, il partito che ha costretto il commissario regionale di Forza Italia a ingoiare un altro “rospo”, quel Vincenzo Figuccia che è uscito dal partito di Berlusconi - a poche settimane dalle elezioni - sbattendo la porta. Il presidente della Regione non ha ceduto un millimetro rispetto alle pressioni degli alleati, respingendo gli assalti sugli assessorati che contano sul piano del potere e dell’immagine (sanità, infrastrutture, agricoltura e turismo). Ma nella composizione della giunta il “vulnus” della Lega è destinato ad agitare la maggioranza.

Musumeci ha privilegiato l’asse centrista di Saverio Romano e Raffaele Lombardo. I Popolari e autonomisti incassano ben tre rappresentanti: Totò Cordaro, Mariella Ippolito (candidata con Rivoluzione civile di Ingroia alle Politiche del 2013), e Roberto Lagalla, considerato fuori quota, che aspirava a tornare all’assessorato alla Sanità che guidava ai tempi di Cuffaro.

Il colpo di spugna alla Lega ha provocato la rabbia di Salvini e dei suoi colonnelli siciliani: «L’esclusione della Lega dalla giunta è molto grave politicamente, Meloni e La Russa non hanno mantenuto gli impegni presi con noi – dice il coordinatore di “Noi con Salvini” in Sicilia orientale, Angelo Attaguile – loro hanno chiesto e ottenuto un posto nel listino del presidente Musumeci e toccava a noi l’indicazione in giunta, invece non è andata così. Quando abbiamo posto la questione a Musumeci, ci ha risposto vedetevela voi».

Il tagliafuori fa infuriare lo stesso Matteo Salvini: «Non è un discorso di poltrone – sottolinea – un centrodestra unito non può fare a meno di un partito nazionale come la Lega. La giunta è stata fatta alla vecchia maniera, sono stati dati assessori a Lombardo, Romano e Cuffaro. È un sistema vecchio, non si è voluto raccogliere il nuovo, rappresentato dalla Lega». Giudizi considerati avventati - si fa notare negli ambienti del presidente Musuemci - visto che la Lega in Sicilia ha i volti di Angelo Attaguile e Carmelo Lo Monte.

Ma già si guarda ai prossimi scenari. L’elezione dei nuovi vertici dell’Ars, con Miccichè che sta provando dal sarto il vestito del presidente. Le trame sono sottili e Musumeci non rinuncerà a giocare la sua partita. Così come tenterà, una volta che Sgarbi lascerà la poltrona di assessore ai Beni culturali, di riportare il suo amico Fabio Granata in giunta.

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