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"Il mio corpo": nella Sicilia profonda e dimenticata due storie di giovani

"Il mio corpo", uno dei protagonisti

Un ritratto sobrio ma potente della precarietà materiale ed esistenziale di una fetta di gioventù che sembra non avere vie d’uscita alla propria condizione, nel docu “Il mio corpo” di Michele Pennetta, tra i finalisti dei prossimi Nastri d’argento (sezione Cinema del Reale), on demand da oggi su Chili e altre piattaforme digitali, tra cui #iorestoinsala, dopo aver vinto nell’ottobre scorso il Premio Raffaella Fioretta al miglior film italiano tra le opere prime e seconde di “Alice nella Città”, la sezione della Festa del Cinema di Roma dedicata ai ragazzi.

La pellicola è approdata alla prestigiosa manifestazione dopo l’anteprima mondiale a Visions du Réel 2020 e la partecipazione alla selezione ACID dell’ultimo Festival di Cannes.
Terzo documentario del regista varesotto girato in Sicilia, dopo “’A iucata” (2013) e “Pescatori di corpi” (2016), “Il mio corpo” è realizzato con lo stile di un’opera di finzione e porta sullo schermo i veri protagonisti della vicenda, l’italiano Oscar e il nigeriano Stanley, due ragazzi dalle esistenze drammatiche nell’entroterra tra la provincia di Caltanissetta e Riesi.

Poco più di un bambino, Oscar lavora alle dipendenze del padre-padrone Marco, rigattiere, per il quale raccoglie ferraglia da discariche abusive per farne merce di scambio. Addetto alle pulizie in una chiesa, dotato di permesso di soggiorno e residente in un appartamento condiviso, Stanley ,invece, tra piatti di banku e ricordi, sembra avere la speranza di partire e la possibilità di una vita migliore, ma è trattenuto da un lavoro stagionale, in una terra di pascoli e miniere abbandonate. Due esistenze apparentemente diverse e lontane, ma accomunate da solitudine e vuoto esistenziale, vittime delle troppe scelte subite e segnate da una presunta impossibilità di riscatto.

I destini dei due ragazzi si incroceranno solo per un momento, verso la fine del racconto. «Mi sono spostato per la prima volta in quella zona dell’entroterra siciliano quando ho sentito parlare delle miniere di zolfo abbandonate, una volta fonte di ricchezza – ci racconta Pennetta – ed ho cercato di capire meglio il territorio. Lì ho anche incontrato i ferrovecchiari, che praticano uno dei mestieri più diffusi in quella zona, e sono arrivato a Oscar e suo padre. Durante quell’esperienza ho scoperto che a Pian Del Lago c’è il più grande centro d’immigranti d’Europa. Mi è sembrato quasi evidente provare a raccontare in un’unica storia queste due realtà dimenticate».

Una vicenda, quella del film, coerente con la poetica del regista. «Dal primo film girato in Sicilia ho sempre cercato di guardare agli ultimi e far emergere realtà nascoste, osservandole con occhi diversi per restituirle mettendo la ricerca formale al servizio dei contenuti. Le storie narrate esulano da questo lembo di territorio siciliano perché si trovano ovunque e sono universali. Ragion per cui il film sta avendo grande risonanza, soprattutto all’estero».

Distribuito da Antani e Kio Film, “Il mio corpo” è prodotto da Close Up Films e Kino Produzioni con Rai Cinema e RSI - Radiotelevisione Svizzera Italiana con il sostegno di UFC, Cinéforom, Loterie Romande e Suissimage. Nel febbraio scorso il film ha vinto i riconoscimenti Best Cinematography e Best Stylistic Achievement ai Sima - Social Impact Media Awards, premi internazionali al documentario di impegno sociale. Previsto a fine emergenza sanitaria un tour di proiezioni accompagnate dal regista, che si svolgeranno nei circuiti d’essai e nelle sale più attente al cinema indipendente e d’autore.

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