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Palermo abbraccia il pediatra morto, la moglie: "Non un eroe ma spinto dall'etica"

Palermo, funerale Giuseppe Liotta

Commozione, dolore, rabbia e una chiesa gremita a Palermo per i funerali di Giuseppe Liotta, il pediatra morto nel nubifragio che si è abbattuto nel palermitano sabato scorso mentre si stava recando nell’ospedale di Corleone, dove lavorava. In chiesa presenti parenti, amici, conoscenti ma anche palermitani che hanno deciso di rendere omaggio ad un uomo che ha commosso l'intera cittadinanza. "Il figlio di tutti", così viene descritto da molta gente, da chi non lo conosceva e che ha seguito la sua triste vicenda da quel maledetto 3 novembre scorso.

A celebrare la funzione religiosa, nella chiesa Mater Ecclesiae, di piazza Francia, è l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice. Presente, tra gli altri, anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, con indosso la fascia tricolore. Il primo cittadino, per oggi,  ha disposto l'esposizione di bandiere a mezz'asta in segno di lutto, in tutte le sedi comunali. Seduti tra i banchi anche il prefetto Antonella De Miro e il commissario dell'Asp Antonino Candela. Presenti rappresentanti del Soccorso Alpino e Vincenzo Biancone, l'operatore del Soccorso Alpino che ha rinvenuto per primo il corpo senza vita del pediatra.

Presente anche l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, il presidente dell’ordine dei medici di Palermo Toti Amato, e l’ex direttore sanitario dell’Ospedale dei bambini, oggi parlamentare, Giorgio Trizzino, collega e amico di Liotta.

"Cari genitori di Francesco, parenti, fratelli e sorelle, sento forte il bisogno di stringermi accanto a voi, di farvi giungere la mia vicinanza per questa lacerante sofferenza per la perdita di Giuseppe", ha così iniziato il sacerdote durante la sua omelia.

"Dopo gli estenuanti giorni di ricerca, nella Bibbia, con la quale Dio continua il dialogo con noi, il Cantico dei Canti parla della ricerca spasmodica dell"amato: 'Voglio cercare l'amato, ma non l'ho cercato. Nel Vangelo, Maria trova il sepolcro vuoto, non sapeva dove l'avevano posto. Dio ha sentito il vostro grido, conosce già la vostra angoscia, lui conosce la nostra sofferenza, quella di chi perde la persona sempre amata. Anche Gesù è morto per amore, solo per amore. Lui è l'amore, che si rivela sulla croce. Le grandi acque - ha continuato Lorefice - non possono spegnere l'amore. Né i fiumi travolgerlo. La morte continua a riempire i sepolcri, ma per chi muore avendo conosciuto l'amore di Cristo, il testimone di Dio è amore, nulla può la morte".

"Giuseppe - ha poi proseguito - è stato trovato in un vigneto, è un vero discepolo di Cristo. A loro Gesù dice: 'Rimanete in me ed io in voi'. Fino all'ultimo Giuseppe ha amato tutti, la sua adorata famiglia, i suoi parenti, i tanti figli che ha curato ed accompagnato per il suo lavoro da pediatra. Giuseppe affrontava la giornata con un alto senso del dovere, come padre, marito, membro della comunità parrocchiale e come medico. Giuseppe è vivo perché ha amato, è con noi. Le grandi acque non possono travolgere l'amore".

"Non è facile essere qui. Non mi sento di aggiungere nulla alle parole d'amore raccolte per Giuseppe. Nel ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato, vorrei avere per tutti una carezza: per le forze dell'ordine, per volontari, per l'unità di crisi e per tutti coloro che si sono stretti a noi in questa ricerca", sono le parole di Floriana Di Marco, la moglie di Giuseppe Liotta, letta in chiesa. "Il messaggio positivo è che non siamo mai stati soli. Questo abbraccio non lo dimenticherò mai. Ho visto in questi giorni quanti uomini fantastici ci sono stati vicini, e mio marito era uno di loro. Giuseppe non è un eroe che ha messo a repentaglio la vita per i suoi piccoli pazienti, perché i primi piccoli pazienti erano a casa. Se di eroismo dovremmo parlare, dovremmo celebrare tutti i lavoratori che quella notte erano al lavoro".

"Per Giuseppe il motore del suo agire era fatto da forte senso di etica cristiana - ha detto ancora - Ringrazio le istituzioni che si sono fatte presenti. Ho incontrato una pia donna il prefetto di Palermo, che è stata come una madre per me, il sindaco di Palermo e la città di Corleone. Ringrazio l'arma dei carabinieri, sono stati degli eroi. Sono nipote di un carabiniere ucciso nel gennaio 1947 per me è stato come ricevere l'amore di un nonno, conosciuto solo dai ricordi di mia nonna".

L’uscita dalla chiesa del feretro di Giuseppe Liotta è stata poi salutata da un lungo applauso. A portalo a spalla sono stati gli uomini del soccorso alpino e speleologico.

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