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Terremoto sull'Etna, il dramma degli sfollati: "Un brutto Natale, lo Stato ci aiuti"

«Questo è un brutto Natale, ma speriamo che lo Stato ci aiuti. Non do a nessuno la colpa di ciò che è successo. È la natura. Già in tanti ci hanno aiutato. Avevo una casa frutto dei sacrifici di una vita. Ora è inagibile. Ma quanto potremmo stare qui in questo albergo? Lo Stato aiuta gli extracomunitari, speriamo aiuti anche noi». È lo sfogo di Sebastiano Leonardi, 46 anni, operaio, sposato con due figli, che ha trovato casa temporanea nell’hotel Primavera di Zafferana Etnea. La sua è inutilizzabile. Aveva resistito al sisma del 1984, ma questo l'ha devastata.

Assieme ad altri sfollati arriva con valige, buste e tanta disperazione. Per loro il Capodanno è solo una data triste, una festa da dimenticare. Vogliono tornare a casa. Storie che si ripetono tra i detriti ancora in strada e le mura squarciate di intere file di facciate di case di Fleri, una delle frazioni di Zafferana Etnea che appare devastata dalla guerra, tanti sono i danni causati dal sisma 4.8 del giorno di Santo Stefano sull'Etna.

Come lui anche Salvatore Leonardi, moglie di 44 e tre figli, di 17 e mezzo, 16 e 5 anni. «Ero sveglio quella sera e ho
sentito un boato. Mia moglie - racconta l’operaio - non era in casa perché fa la badante ad una persona anziana e mio figlio era al lavoro. Il mio primo pensiero è stato quello di mettere in salvo i bambini. Pensavo che non ne saremmo usciti vivi, eravamo anche al buio». Soltanto adesso riesce a «capire quello che è successo». Tra le macerie di casa raccoglie vestiti e oggetti, aiutato dai vigili del fuoco. Si vedono anche l’albero di Natale e un presepe.

«I miei figli più piccoli - svela commosso - erano contenti...» In albergo hanno deciso di cancellare il cenone di San Silvestro a causa delle circostanze. «Un cenone senza festa - dicono alla reception - è una forma di rispetto per loro, il clima di festa non c'è». E cominciano anche a «mancare le forze». Come a Rita Di Mauro, 49 anni, due figli, che indica la sua abitazione di via Vittorio Emanuele a Fleri e dice: «l'aveva ricostruita mio padre dopo il terremoto del 1984», quando lei aveva 14 anni.

Gira anche lei con i pompieri che la scortano tra le mura di casa, raccogliendo abiti e oggetti. «È stato uno choc - aggiunge - sopo la scossa siamo fuggiti e siamo rimasti nel centro di raccolta fino al mattino». È la paura del futuro a spezzare l’umore di persone temprate a combattere gli eventi. Come Sara Marchetti, 31 anni, che col marito, Antonio e la cognata Anna gestiscono l’unico panificio di Fleri.

«Questo è un paese distrutto», afferma. Aiutato da alcuni amici e dai vigili del fuoco, Antonio tira fuori i sacchi di farina dal panificio, gravemente danneggiato. «Sono demoralizzata - aggiunge Sara Marchetti - ci ritroviamo senza lavoro. Anche mia suocera ha figli da sfamare». Davanti al negozio c'è anche il proprietario del locale, Giuseppe Giuffrida, 64 anni. «Un panificio - dice - una farmacia, due macellerie, due negozi di generi alimentari. Erano gli unici punti della frazione in cui tutti si rifornivano. La gente veniva a piedi. Ora è tutto inagibile, il rischio è che il paese scompaia».

Loro hanno deciso di andare in albergo. Ma in molti restano ancora in auto e trascorreranno la notte davanti la loro casa: «non mi fido - dice un anziano - non lascio tutto solo, a costo di dormire dentro, meglio morire che rimanere senza niente». E c'è anche chi non ha superato lo choc del terremoto: la notte scorsa una squadra di psicologi del Cisom è intervenuta per fornire supporto ad alcuni abitanti, compresa una minorenne, a Santa Maria degli Ammalati, frazione di Acireale, colpiti da crisi di ansia: hanno difficoltà nell’affrontare le ore notturne. Paura e attacchi di panico, quando il futuro sembra sia ridotto tutto in macerie.

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