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L'omicidio di Beppe Alfano a Barcellona, nuovo interrogatorio per il pentito Grasso

Il cronista Beppe Alfano

Un interrogatorio “top secret” per un omicidio che forse ancora è rimasto in parte oscuro. Quello di Beppe Alfano, il cronista ucciso l’8 gennaio del 1993 in via Marconi a Barcellona Pozzo di Gotto. Un interrogatorio avvenuto qualche settimana fa in una località segreta con un verbale ancora totalmente “coperto”. Da un lato del tavolo il pentito milazzese Biagio Grasso, dall’altro il procuratore aggiunto di Messina Vito Di Giorgio e il sostituto della Dda peloritana Fabrizio Monaco.

Perché Grasso? Perché l’omicidio Alfano? Un caso ancora formalmente non chiuso, c’è un fascicolo “ter” in Procura a Messina con due nuovi indagati già iscritti a registro nel 2015 con la pesante accusa di omicidio: il 44enne barcellonese Stefano Genovese, killer “a pagamento” e fedelissimo esecutore degli ordini del boss Giuseppe Gullotti, e il 44enne commerciante barcellonese Basilio Condipodero. I “nomi nuovi” indicati nel 2015 dal boss poi pentito Carmelo D’Amico e anche dal fratello Francesco. Ma sono passati tre anni da quei verbali.

E adesso, a tre anni da quelle dichiarazioni dirompenti che hanno cambiato lo scenario dell’esecuzione e a ben ventisei anni dall’omicidio del povero Alfano, un altro collaboratore di giustizia potrebbe apportare un nuovo contributo ad una delle vicende giudiziarie-simbolo di silenzi e depistaggi e connivenze della nostra intera provincia.

Quindi, ancora, perché Grasso? La risposta è in ciò che è stato il geometra milazzese poi divenuto collaboratore di giustizia prima di trasferirsi a Messina, proveniente da Milazzo e Barcellona, le due “terre” dove manteneva costanti contatti con Cosa nostra barcellonese: la sua amicizia con Antonino Merlino, l’autotrasportatore barcellonese che per l’omicidio Alfano sta scontando una condanna definitiva come esecutore materiale su mandato del boss Pippo Gullotti. La sta scontando senza battere ciglio.

Lo ha spiegato perfettamente, Grasso, il contesto con Merlino, deponendo al processo “Beta” il 30 novembre del 2018. Ecco il passaggio-chiave: «... Nel 2001, era stato imputato all’epoca già per l’omicidio Alfano, mi... Merlino Antonino avevamo un rapporto di collaborazione in quanto aveva una società che si chiamava Ramer che operava in subappalto al... molte commesse che in quel momento io avevo nel campo delle infrastrutture di telecomunicazioni, avevo diversi appalti sia a Messina, per esempio a Messina ho fatto Albacom S.P.A. dove ha partecipato sia Merlino sia Carmelo Bisignano come subappaltatori in quest’opera, Carmelo Bisignano mi riferisco al boss reggente del clan di Mazzarà Sant’Andrea, mentre Merlino Antonino era parte diciamo attiva e quindi componente effettivo del clan di Barcellona Pozzo di Gotto».

Altre precisazioni: «... quindi con Merlino io ho lavorato dal 2001 al 2005 fino al suo arresto definitivo, successivamente all’arresto definitivo, quindi non ero soggetto ad estorsione pura ma c’era un rapporto di collaborazione dove in ogni caso io comunque a parte i subappalti davo dei contributi all’organizzazione come si usa sia a natale, pasqua e ferragosto. Nino Merlino faceva capo a Pippo Gullotti, ecco ora me ne sono ricordato. Nel 2005 arrestano Nino Merlino per una condanna definitiva per l’omicidio Alfano e prima dell’arresto lui mi presentò Carmelo D’Amico come nuovo reggente del clan di Barcellona Pozzo di Gotto e Tindaro Calabrese come nuovo reggente del clan di Mazzarà Sant’Andrea, insieme ad Agostino Campisi come referente della zona di Terme Vigliatore, da questo momento in poi mi dice: “Rivolgiti a queste tre persone che sono persone di cui ti puoi fidare e comunque sono persone ai vertici dell’organizzazione”».

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