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Sfabbricidi e detriti, lavori a rilento per il nuovo porto di Messina

Porto di Messina

Quarantacinquemila tonnellate dei cosiddetti “sfabbricidi”: in gran parte detriti edili trovati in circa 30.000 metri quadrati del sottosuolo del litorale ionico messinese che in un paio di anni deve diventare la base del porto commerciale di Messina, quello finanziato dallo Stato con 72 milioni di euro per liberare per sempre la città dai Tir.

Questi “sfabbricidi” stanno pesantemente rallentando i lavori a terra del più importante appalto in corso nella città dello Stretto, il maxi cantiere tra gli approdi d'emergenza e le prime case di Mili, aperto nel dicembre scorso lungo un fronte di chilometro e trecento metri.

È questa, più o meno, la dimensione del “problema” dei materiali inerti con cui si misura già da alcuni mesi l'impresa Coedmar di Chioggia, diretta dal Comune di Messina, e sotto la vigilanza dell'Arpa: in gioco c'è una caratterizzazione, tanto imponente per gli spazi, quanto dettagliata nelle analisi, di quanto è stato rinvenuto sotto le trincee e le superfici demaniali, e sottoposto a un organico piano d'accertamenti.

Il dato confortante di queste ultime settimane, come riporta la Gazzetta del Sud in edicola, sarebbe duplice: da un lato volge ormai al termine l'attività analitica che ha rallentato sempre più la costruzione del porto, a partire dal completamento della bonifica del suolo dai residuati bellici; dall'altro, quel che più conta, non sarebbe emersa, finora, la presenza di rifiuti speciali pericolosi, e quindi i tempi di soluzione della vicenda sarebbero ormai brevi.

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