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«Finanziava la latitanza di Messina Denaro»: chiesti 12 anni per il "re dell'eolico" Vito Nicastri

Vito Nicastri

Il pentito Lorenzo Cimarosa racconta di una borsa piena di banconote fatta avere al boss ricercato Matteo Messina Denaro. Soldi per una latitanza, ormai lunga 26 anni, che l’imprenditore alcamese Vito Nicastri avrebbe mandato al capomafia attraverso una serie di uomini fidati. «Le cose le faceva per l’amico suo di Castelvetrano», sussurra, non sapendo di essere intercettato il mafioso mazarese Giuseppe Sucameli parlando di Nicastri: e l’amico di Castelvetrano, non hanno dubbi i magistrati, è sempre la primula rossa di cosa nostra.

Rapporti strettissimi, insomma, d’affari e d’amicizia costati all’imprenditore l’arresto e oggi una richiesta di condanna a 12 anni in abbreviato per concorso in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. A presentare il conto a Nicastri è la procura di Palermo, la stessa che la scorsa settimana l’ha fatto tornare in carcere avendolo sorpreso a comunicare tranquillamente dal balcone nonostante gli arresti domiciliari. Una scoperta fatta nell’ambito di una nuova inchiesta che coinvolge l’imprenditore: stavolta l’accusa è corruzione e Nicastri non è solo.

Con lui sotto indagine è finito il faccendiere Paolo Arata, uomo della Lega nell’energia e sponsor del sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri che, in una tranche dell’indagine palermitana finita a Roma, è indagato per corruzione. Nicastri e Arata sono soci in affari in una serie di imprese del settore delle energie alternative, il filone di business su cui l’alcamese ha investito accumulando una fortuna. Del rapporto tra i due sono certi i pm. E i sospetti degli inquirenti sono confermati dalle intercettazioni in cui Arata parla espressamente delle società comuni.

Mentre l’inchiesta sulle mazzette pagate ad alcuni funzionari regionali per le autorizzazioni per impianti va avanti è arrivato alla fine il processo in abbreviato per le accuse di mafia. Oltre al «signore del vento», così il Financial Times aveva definito il «re mida» dell’eolico, l’uomo che, iniziando come elettricista di paese, è riuscito a mettere su una fortuna da oltre un miliardo di euro, alla sbarra ci sono il fratello Roberto, per cui i pm hanno chiesto 10 anni e alcuni mafiosi trapanesi. Nei prossimi mesi arriverà la sentenza e probabilmente si chiuderà l’inchiesta per corruzione. Nuove tegole per Nicastri già condannato a Milano per evasione fiscale.

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