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Il medico Pandolfo ucciso nel '93: un figlio di Messina dimenticato, ma c'è ora chi spezza il silenzio

Domenico Nicolò Pandolfo

Quel 20 marzo del 1993 la via non era solitaria, e Domenico Nicolò Pandolfo, primario di Neurochirurgia dell' "Ospedale Riuniti" di Reggio Calabria, che lavorava senza risparmiarsi, fu freddato a Locri dove era consulente del nosocomio, in pieno giorno, con 7 pallottole. Aveva 51 anni. Il silenzio fu assordante.

«Mio papà - racconta il figlio Marco - si è formato all'Università di Messina. Era di famiglia umile, i suoi genitori facevano i fattori, ma studiò con amore e dedizione, incoraggiato anche da suo padre, che coltivava da sempre l' idea di far diventare il figlio medico». Dopo la specializzazione a Padova venne chiamato a Lecce.

«Il prof. Bartolomeo Armenise venne incaricato di dirigere il reparto di Neurochirurgia dell'ospedale regionale "Vito Fazi" e avendo bisogno di un assistente preparato chiamò mio padre che accettò con piacere». Fu un anno importante: « Io sono nato proprio a Lecce e in quel breve periodo arrivò una nuova svolta. Infatti, proprio a Reggio, Romeo Eugenio Del Vivo, neurochirurgo di fama europea formatosi a Zurigo, chiamato a dirigere una nuova divisione neurochirurgica, dopo aver parlato con Armenise, scelse mio padre. Era felice non soltanto per l'opportunità, ma perché aveva il desiderio di avvicinarsi il più possibile a Messina». Tutto procedeva in maniera normale, fino al giorno della tragedia, rimasta senza un perché.

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