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Messina, concorso “pilotato” a Farmacia: quattro condanne in appello

Cambia poco il quadro processuale, in appello. Restano sul piatto quattro condanne, per dire anche in secondo grado che il concorso a ricercatore del 2013 alla facoltà di Farmacia di Messina per Microbliologia fu “pilotato” per cercare di favorire il figlio dell’ex preside Giuseppe Bisignano.

Erano quasi le 22, ieri sera, quando la prima sezione penale della Corte d’appello presieduta dal giudice Alfredo Sicuro è uscita dalla camera di consiglio dopo una lunga giornata, per leggere la sentenza. E sostanzialmente sono state accolte le richieste dell’accusa, il sostituto procuratore generale Giuseppe Costa, che aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado emessa il 27 aprile del 2018.

Ed erano cinque, in appello, gli imputati (l’ex rettore Franco Tomasello fu assolto già in primo grado da tutte le accuse «per non aver commesso il fatto»): Giuseppe Bisignano, ex direttore del dipartimento di Farmacia, il prof. Giuseppe Teti, che presiedeva la commissione d’esame, Cesare Grillo, ex gestore dell’economato della facoltà, Maria Chiara Aversa, ex delegata del rettore per la formazione delle commissioni d’esame, e il professore dell’Università di Catania Giuseppe Nicoletti, come componente della commissione in questione. I reati prospettati a suo tempo dalla Procura erano peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, abuso d’ufficio, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Gli imputati principali erano il professor Bisignano e il collega Giuseppe Teti. Furono a suo tempo arrestati con l’accusa di aver “inquinato” il concorso per ricercatore a Microbiologia, nel 2013, per favorire il figlio di Bisignano, Carlo. Poi c’era l’ex funzionario Cesare Grillo, in pensione, e per quest’ultimo si trattava degli ammanchi di cassa in facoltà, il peculato.

La sentenza di ieri: per il professor Bisignano è stata decisa la riduzione della condanna, rispetto ai 7 anni del primo grado, a 6 anni e 8 mesi; e questo è dovuto all’assoluzione parziale da un capo d’imputazione (E), che ha registrato, con la formula «perché il fatto non sussiste». Dallo stesso capo d’imputazione è stato assolto il professor Nicoletti, (era il 319 quater, ovvero “Induzione indebita a dare o promettere utilità”), ma per lui l’assoluzione è “totale” perché rispondeva solo di questo reato. In primo grado era stato condannato a un anno (pena sospesa e non menzione).

Altra riduzione di pena ha registrato l’ex economo della facoltà Grillo: 4 anni in primo grado, 2 anni e 9 mesi in appello (è stata valuta a suo favore un’attenuante). I giudici hanno quindi confermato le condanne di primo grado per i professori Aversa (un anno e 6 mesi, pena sospesa e non menzione), e Teti (6 anni).

Tanti gli avvocati impegnati nella difesa in questa vicenda processuale: Antonio Strangi, Nino Favazzo, Antonio Cosco, Strangi, Pietro Luccisano, Franco Barbera, Giovanni Mannuccia, Alberto Gullino, Vincenzo Mellia, Massimiliano Wolf e Domenico Gangemi.

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