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Dall'Irccs alla casa di riposo, i focolai di Coronavirus che hanno cambiato Messina

L'Irccs di Messina

Sono passati appena venti giorni, eppure sembra trascorso un secolo. Era il 6 marzo quando diventava ufficiale il primo contagio da coronavirus nel Messinese. Si trattava del vigile del fuoco di Sant'Agata Militello, rientrato qualche giorno prima da un corso formativo svolto a Roma.

Da quel giorno nulla sarebbe stato come prima, a Messina e provincia. Da quel giorno è iniziata una conta che non si è più fermata. Ma che ha avuto degli inquietanti e determinanti moltiplicatori in alcune vicende limite, veri e propri “focolai”.

All'Irccs, tecnicamente, più che di focolaio sarebbe più corretto parlare di “cluster”, un raggruppamento di casi in uno stesso luogo. Ma la sostanza cambia poco. Il “paziente zero” della struttura di Casazza, sui colli Sarrizzo, è un uomo di 48 anni, un professionista di Palermo, che era ricoverato all'Irccs Neurolesi, per un percorso di riabilitazione, dal 20 febbraio. La sua positività al coronavirus emerge il 17 marzo, ma la preoccupazione, dentro il centro, è subito altissima. Da qui il timore di una diffusione del contagio, timore confermato col passare dei giorni. Prima altri sei casi, poi altri undici. Il risultato è che oggi il Neurolesi di Casazza è pressoché svuotato.

Altro focolaio, altra struttura sanitaria. È la casa di cura Cristo Re, in via Principe Umberto. Una situazione la cui gravità, ancora, deve probabilmente essere valutata fino in fondo. Anche qui c'è un “paziente zero”, uno srilankese di 51 anni, che risultava ricoverato dall'inizio del mese. Adesso sono sei i pazienti contagiati, oltre al povero 81enne che è deceduto martedì pomeriggio.

Della vicenda “Come d'incanto”, la residenza per anziani di via Primo Settembre, si è detto e si continua a dire di tutto. Ma è fondamentale per capire davvero quante altre situazioni possano essere a rischio, sottotraccia, in città: come ha fatto, il virus, a varcare la soglia della casa di riposo? La voce più inquietante è che la fonte del contagio sia qualcuno che nei giorni precedenti era tornato dal nord. C'è chi giura che sia molto più di una semplice voce.

Infine gli "sciatori". Hanno occupato gran parte del “palinsesto” quotidiano del sindaco De Luca per un paio di giorni, poi sono spariti dai radar (perché i nomi fanno parte ormai dei fascicoli aperti dalla Procura). Sono i circa 150 messinesi rientrati, sabato 7 marzo, dalla famigerata settimana bianca a Madonna di Campiglio. È finita sommersa dall'ondata crescente di numeri giornalieri la conta di quanti, tra loro, siano risultati positivi al coronavirus. Quel che si sa è anche che sui primi 116 nominativi “rintracciati” dalla sezione di Pg della polizia municipale, in 35 non hanno mai autodenunciato il loro rientro in città da zone a rischio.

L'edizione integrale dell'articolo è disponibile sull'edizione cartacea della Gazzetta del Sud - edizione di Messina. 

 

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