«Giuseppe Coco, il vigile del fuoco in servizio all'aeroporto di Fontanarossa e morto a Catania a causa del coronavirus, è stato sottoposto al test che ha verificato la positività al Covid-19 con un ritardo di due settimane da quando il collega, a causa dei forti malori che accusava e delle condizioni che peggioravano, si è recato di propria iniziativa al Cannizzaro». A puntare il dito sono i sindacati di categoria dei vigili del fuoco Fp Cgil, Fns Cisl, Uilpa, Usb, Conapo e Confsal. Il vigile del fuoco era tornato da Roma, dopo aver partecipato a un percorso formativo presso le strutture delle Scuole Centrali Antincendi: qui, pochi giorni dopo, si sarebbero riscontrati diversi casi con sintomi di tipo influenzale e due casi di positività. Secondo i sindacati la sospensione delle attività didattiche e formative sarebbe stata tardiva e non consona «ai caratteri d'urgenza che la situazione richiedeva e meritava». Le organizzazioni sindacali hanno affermato che da settimane , attraverso note ufficiali indirizzate al governo regionale, al prefetto di Catania, ai vertici dei vigili del fuoco avevano sollecitato chi di dovere ad effettuare tamponi o test ematici per individuare gli asintomatici e tutelare «così gli operatori del soccorso e le loro famiglie». «Inoltre se è impossibile rispettare, durante le attività di soccorso, le disposizioni sul distanziamento sociale, delle autorità governative - dicono i sindacati - in materia di distanziamento sociale, è nelle stesse sedi dei Vigili del Fuoco etnee che la distanza di sicurezza di tre metri non viene rispettata: nessuna direttiva in merito è stata emanata dal Comando». I sindacati chiedono un «incontro urgente con il direttore regionale dei vigili del fuoco. E aggiungono: «Avevamo avanzato la richiesta di test ematici rapidi, igienizzazione di tutte le sedi, mascherine, guanti monouso, ma abbiamo motivi evidenti per pensare che tutto sia finito nel dimenticatoio».