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Mafia, resta a Messina per curarsi la moglie del boss Salvatore Lo Piccolo

Salvatore Lo Piccolo

In tempi di “scarcerazioni facili” e di toppe ministeriali varate in fretta e furia per rimediare alla “libera uscita” generale dei boss mafiosi per l'emegenza Covid-19, c'è un caso a Messina che tiene banco, con al centro una detenuta “eccellente”.

Da qualche tempo infatti è agli arresti domiciliari in una residenza assistenziale per anziani di Messina Rosalia Di Trapani, moglie settantaquattrenne del boss palermitano Salvatore Lo Piccolo e madre di Sandro, entrambi ergastolani. La sua liberazione non è stata decisa per l'emergenza Covid-19, ma per ragioni legate al suo stato di salute, minato da una grave malattia.

Rosalia Di Trapani nel 2018 è stata condannata a 8 anni con sentenza definitiva per un'estorsione aggravata dal metodo mafioso. La donna, che è stata detenuta a Messina, ha subito pochi mesi fa a Catania un intervento chirurgico per un tumore. Il Tribunale di sorveglianza di Messina le ha concesso tempo fa il trasferimento per un mese in una struttura che accoglie anziani a Messina, per sottoporsi a un ciclo di radioterapia, concedendole i domiciliari dopo l'individuazione della struttura che la poteva ospitare, visto che la questura di Palermo aveva vietato il ritorno a casa per la donna. La Distrettuale antimafia palermitana nelle comunicazioni di rito ha anche evidenziato «la pericolosità sociale della condannata ed ha fornito elementi in ordine all'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata».

E ieri mattina davanti ai giudici della Sorveglianza di Messina, dopo il nuovo decreto Bonafede “riempi carceri”, s'è tenuta una nuova udienza per verificare le condizioni di salute della Di Trapani ed eventualmente per far tornare in cella la donna. Questo perché il Dap - gli atti sono tra le carte del procedimento -, aveva individuato nella casa circondariale di Roma-Rebibbia la struttura nella quale potevano essere curate le patologie di cui soffre, anche grazie al supporto dell'ospedale “S. Pertini”, dotato di un reparto detenuti, dove avrebbe potuto essere sottoposta alla radioterapia. Ma dopo gli approfondimenti istruttori disposti dal Tribunale di sorveglianza di Messina, è clamorosamente emerso che il carcere di Roma-Rebibbia non prevede un centro clinico di assistenza interna per detenute inserite nel circuito di “A.S. 3” come la moglie di Lo Piccolo, e circostanza ancora più sorprendente, all'ospedale “S. Pertini” di Roma non poteva essere eseguita la radioterapia, come è stato certificato dall'Asp 2 di Roma.

Ieri mattina quindi i giudici della Sorveglianza di Messina, per garantire il diritto alla salute della donna, non hanno potuto far altro che disporre la prosecuzione della detenzione domiciliare nella struttura residenziale per anziani di Messina.

Il legale della donna, l'avvocato Salvatore Silvestro, non ha voluto commentare più di tanto, e si è limitato ad affermare che «il comportamento del Dap continua ad essere improntato ad una palese superficialità e, comunque, non tiene conto delle concrete esigenze terapeutiche di una donna di 74 anni, affetta da Parkison, tumore, che è costretta a spostarsi su una sedia a rotelle».

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