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Mastrodomenico: «Cosa nostra a Messina si è inabissata»

Il comandante provinciale della guardia di finanza di Messina, Gerardo Mastrodomenico

«È stato un anno importante il 2019, lo testimoniano i risultati raggiunti e di cui abbiamo oggi dato contezza alla collettività». Il colonnello Gerardo Mastrodomenico è il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Messina, e con lui facciamo il bilancio del suo primo anno a Messina, in occasione dell’anniversario della fondazione, che s’è celebrato ieri.

«Su due dati - prosegue - vorrei soffermarmi: da un lato, le varie attività investigative in materia di evasione fiscale, che hanno portato ad avanzare proposte di sequestro per 36 milioni di euro circa; dall’altro, il dato altamente significativo dei lavoratori in nero o irregolari scoperti, pari a 885 unità, riferibili a ben 252 datori di lavoro».

E in questo periodo emergenziale come vi siete mossi?

«Abbiamo fatto la nostra parte, valorizzando il nostro patrimonio professionale, concorrendo al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica e all’osservanza delle misure di contenimento. E proprio nei momenti di maggiore difficoltà occorre vigilare, con rigorosa attenzione, affinché i fondi pubblici destinati alla ripresa e alle categorie più fragili non diventino il bottino di operatori disonesti e non si disperdano tra gli intrecci del malcostume, dello spreco e della corruzione. In quest’ottica abbiamo già avviato interlocuzioni con altre Istituzioni, per intercettare e neutralizzare per tempo la comparsa di nuovi fenomeni di illegalità, connessi alle difficoltà economiche del momento. Da subito abbiamo destinato le risorse disponibili per contrastare pratiche fraudolente, truffe e manovre di alterazione dei prezzi, impedendo che il disagio e le sofferenze di un intero Paese potessero essere strumentalizzate e sfruttate da manovre speculative, danneggiando la cittadinanza e gli operatori onesti».

Tra le operazioni di questi mesi quali sono quelle che vuole ricordare?

«Di certo un’attività operativa a cui tengo molto è la “Nebrodi”. Dalle investigazioni, rese particolarmente complesse dal contesto territoriale ostile ed ermetico, è emersa l’immagine di un’associazione mafiosa estremamente attiva, osservante delle regole e dei canoni dell’ortodossia mafiosa, in posizione egemone nell’area nebroidea della provincia di Messina ma capace, al tempo stesso, di rapportarsi con le articolazioni territoriali mafiose di Catania, Enna e finanche del mandamento delle Madonie di Cosa nostra palermitana».

Come ha inciso la pandemia sulle vostre attività di servizio?

«Abbiamo adeguato il nostro dispositivo alle necessità di tutela della salute pubblica dei cittadini, e in funzione di sostegno all’economia sana. Abbiamo lavorato in stretto raccordo con Prefettura, Questura e Arma dei carabinieri, sia con le componenti terrestri che con le unità navali».

Voi avete una specificità che è quella di polizia economico-finanziaria, come vi siete mossi in questo ambito?

«Sì, è proprio così, sia nella fase di lockdown che in quelle successive legate alle parziali riaperture, abbiamo messo a frutto le nostre competenze economico-finanziarie a tutela dei cittadini rispettosi delle regole, pur nella consapevolezza della difficile situazione economica in cui si sono trovati ad operare gli operatori commerciali di tutta la provincia. L’obiettivo comune, nell’intero ambito provinciale, sarà quello di garantire che la ripresa economica si sviluppi in una cornice di giustizia, equità e legalità».

Quali sono secondo lei gli scenari operativi che aprirà la fase post Covid-19?

«Noi continueremo a intensificare i rapporti e le linee di collaborazione con enti e istituzioni, valorizzando le nostre competenze specialistiche in materia economico-finanziaria, con l’obiettivo di supportare il processo di rilancio del sistema produttivo del nostro territorio, fronteggiando, per tempo, eventuali tentativi di infiltrazione delle organizzazioni criminali nel tessuto imprenditoriale. Già nella fase più cruenta della pandemia, su input del prefetto Librizzi abbiamo svolto un ruolo propulsivo, di concerto con le varie istituzioni, per individuare sul territorio i possibili alert che potessero far emergere situazioni meritevoli di approfondimento, soprattutto allo scopo di svelare potenziali infiltrazioni nel tessuto economico legale di capitali illeciti o, e nei casi ancora più gravi interessi specifici della criminalità organizzata. Tutto ciò anche alla luce delle difficoltà in cui è ragionevole ipotizzare si troveranno gli imprenditori del settore turistico, soprattutto in quelle località particolarmente legate al turismo internazionale, quali Taormina e le Isole Eolie. Nella zona di Taormina, la possibilità di investimenti di origine occulta è stata oggetto di attenzione anche in passato, come ha dimostrato l’operazione “Isola Bella”, condotta dai reparti di Messina e Catania, che nel giugno 2019 ha portato all’esecuzione di 31 misure cautelari, ma la profonda crisi di liquidità dovuta all'epidemia, la rende di straordinaria attualità. Le dico anche che il futuro è certamente complesso, ma bisogna guardare con fiducia alle iniziative messe in campo dal governo e noi, come Guardia di Finanza, anche qui a Messina, faremo tutto il possibile per garantire che gli obiettivi economici vengano raggiunti in “sicurezza”».

Mi dica della presenza di Cosa nostra a Messina dal suo punto di vista, legata a due concetti-chiave, ovvero: le evidenti implicazioni economico-finanziarie e i gruppi di potere occulto.

«Messina non fa eccezione circa la presenza di Cosa nostra, anche se, dal mio punto di vista, è una Cosa nostra diversa, che a differenza di altre ha meglio interpretato la politica di inabissamento che ormai da decenni contraddistingue la strategia criminale di Cosa nostra siciliana. L’assenza di manifestazioni di particolare ferocia, tipiche dell’ala più propriamente militare, non deve trarre in inganno e portare ad una sottovalutazione del fenomeno. Del resto, nella recentissima audizione tenuta in Commissione Antimafia, il concetto è stato espresso fuori da equivoci dal procuratore distrettuale antimafia Maurizio de Lucia, lì dove ha sottolineato che non si tratta affatto di una provincia di minore profilo, rispetto all’area palermitana e catanese in particolare, piuttosto come di un territorio in cui gli interessi in gioco, in particolare economici, sono di primissimo livello. Al di là della nota tripartizione del territorio in area tirrenica, su cui insistono i grossi nodi della presenza criminale barcellonese e nebroidea, area jonica, in cui più preponderante è la presenza di Cosa nostra catanese, e area cittadina, a mio giudizio, è proprio quest’ultima la più interessante e complessa circa le implicazioni economico-finanziarie e dei gruppi di potere a cui lei faceva riferimento. Sul punto, una straordinaria conferma giudiziaria è giunta all’esito della nota operazione Beta, coordinata dalla Dda, che ha rivelato in maniera nitida l’esistenza di una cupola mafio-affaristica a Messina, con la compartecipazione, ormai irrinunciabile da parte delle organizzazioni criminali più strutturate, di imprenditori, colletti bianchi e funzionari pubblici. Il fenomeno, ad ogni modo, non può che destare preoccupazione, ed è per questo motivo che la soglia di attenzione è altissima, anche e soprattutto da parte nostra, soprattutto rispetto alle specificità connesse al ruolo di polizia economico-finanziaria».

Un’ultima cosa, andiamo al “caso Palamara”. Lei ha gestito la prima fase delle indagini di Perugia, poi si è trasferito a Messina. Per lei cosa ha comportato tutto questo?

«Beh, vede, il compito della polizia giudiziaria è dare puntuale esecuzione alle deleghe pervenute dalle competenti Autorità Giudiziarie, ad ogni latitudine, e non di commentare le indagini e dare giudizio alcuno».

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