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Inchiesta per corruzione al Comune di Palermo, indagini concluse

Il tribunale di Palermo

La Procura di Palermo ha chiuso, forzando i tempi, l’inchiesta «Giano bifronte» sulla corruzione nel Comune capoluogo dell’Isola, mazzette e altre utilità scambiate tra politici, burocrati e costruttori in cambio del via libera alle speculazioni edilizie in tre aree industriali dismesse.

La recente remissione in libertà per scadenza dei termini di Giuseppe Monteleone, uno dei dieci indagati (nove persone fisiche e una giuridica), ha costretto il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Giovanni Antoci e Andrea Fusco a notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari di sabato pomeriggio, per evitare il rischio della revoca degli arresti domiciliari anche per altre persone sottoposte a misure restrittive. L’avviso è di regola prodromico rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio.

L’elenco è aperto dagli architetti Mario Li Castri, 54 anni, Fabio Seminerio, di 57 (entrambi agli arresti in casa), e Giuseppe Monteleone, di 58: tutti e tre, secondo il pentito di Belmonte Mezzagno (Palermo) Filippo Salvatore Bisconti, anche lui architetto, che ha testimoniato nel corso dell’inchiesta condotta da carabinieri e Guardia di Finanza, avrebbero fatto parte di una cricca che gestiva gli appalti e le speculazioni edilizie. Ci sono poi l’imprenditore Giovanni Lupo, 77 anni, titolare dell’azienda edile coinvolta, la Biocasa; l’ex presidente della commissione Urbanistica del Comune di Palermo, Giovanni Lo Cascio, 50 anni, del Pd (si è dimesso da Sala delle Lapidi), e l’ex consigliere comunale (anche lui dimissionario per effetto dell’inchiesta) Sandro Terrani, 51 anni, di Italia Viva. Tutti e tre sono agli arresti dal 29 febbraio.

A piede libero l’architetto Giovanna D’Attardi, 50 anni, moglie di Monteleone, Francesco La Corte, 46 anni, dirigente della Biocasa, e l’ingegnere Agostino Minnuto, di 59 anni. Indagata anche la Biocasa srl, che

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