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Operazione Nebrodi, i collaboratori di giustizia: "Pizzo poco conveniente, meglio le truffe"

C'erano i gruppi mafiosi dei Batanesi e dei Bontempo Scavo, che vivevano in “pacifica convivenza” gestendo un vasto territorio da Rocca di Caprileone a Finale di Pollina, da Capo d'Orlando a Patti. Oltre alle estorsioni e alla droga, canali storici di guadagno, «facevano le truffe all'Agea». Ecco la chiusura del cerchio con le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia della recente operazione “Nebrodi” sulle truffe all'UE. Dopo aver pubblicato nei giorni scorsi i verbali di Carmelo Barbagiovanni “muzzuni”, oggi ci occupiamo delle dichiarazioni di Salvatore Costanzo Zammataro e Giuseppe Marino Gammazza “scarapocchio”, che completano il quadro probatorio raccontando quello che hanno vissuto in prima persona in tanti anni di appartenenze alle associazioni.

Le dichiarazioni di Costanzo Zammataro sono più datate, in un determinato momento lui stesso afferma di essersi allontanato al gruppo dei Batanesi, mentre quelle di Marino Gammazza, anche lui entrato nella cerchia mafiosa dei Batanesi per lungo tempo, sono molto più attuali. E per esempio proprio il secondo dà conto delle “frizioni” che in un determinato momento storico contrapposero i due gruppi, rispetto alla «pacifica convivenza» di cui parla il primo. Su molte cose però le loro dichiarazioni collimano. Secondo Costanzo Zammataro «... dopo il 2010, l'associazione dei batanesi si è resa conto che fare le estorsioni era poco conveniente, per cui si è focalizzata sul traffico di droga e sulle truffe all'Agea... sì conosco persone che di cognome fanno Faranda, sono molti fratelli. Conosco uno che si chiama Faranda Salvatore, so che commette truffe all'Agea e che è vicino ai Bontempo Scavo».

L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud, edizione di Messina 

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