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Femminicidio a Furci, oggi laurea alla memoria per Lorena Quaranta

Lorena Quaranta e la sorella Danila

«Lei era più bella... ma lo era anche dentro». L'affermazione decisa arriva con una precisazione puntuale che accompagna spesso le descrizioni su tutte le anime belle, perché l'universo di Lorena non si può spiegare con le semplici poche parole tipiche di chi ama fermarsi alle apparenze. E che fosse il suo tutto, sua sorella, si capisce da tante sfumature. Dalle immagini in cui si specchiano l'una negli occhi dell'altra e soprattutto dal fatto che tornare alla normalità non è per niente semplice. Perché manca la quotidianità, le telefonate in cui si raccontavano la vita e le programmazioni delle grandi occasioni che avrebbero immancabilmente scandito questo 2020. Come la sua laurea. Attesa e agognata come i fiori d'arancio che sarebbero dovuti giungere, secondo il suo progetto di vita, subito dopo. Danila Quaranta si emoziona quando parla di Lorena, uccisa dal fidanzato in un appartamento di Furci Siculo lo scorso marzo, lasciando attonita l'Italia intera. E fa tante pause, cercando le parole adatte, perché il dolore non si arresta e non si «accettano le assenze premature soprattutto quelle piovute così.

Io e mia sorella - racconta Danila -, sin da piccole siamo state sempre complici e la differenza di età, ben 5 anni, non si notava affatto. E crescendo spesse volte mi sono sentita dire che eravamo due gocce d'acqua. Ricordo che lei era molto decisa e caparbia, già a 6 anni andava ripetendo che voleva fare il medico. Si appassionò perché zia Maddalena quando era incinta la portava con lei dal ginecologo. E inizialmente proprio ginecologia era il suo pallino fisso».

L'edizione integrale dell'articolo è disponibile sull'edizione cartacea della Gazzetta del Sud - edizione di Messina

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