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La mafia lo colpì per non aver pagato il pizzo, imprenditore di Milazzo: "Lo Stato mi ha aiutato e ho ricominciato"

Quella notte dell’incendio Francesco Salamone quasi s’inginocchiò disperato davanti alla grande nave, la “Eolo d’Oro”, che bruciava irrimediabilmente davanti ai suoi occhi in un cantiere di Giammoro. Il continuo crepitìo delle fiamme gli spezzava l’anima. Erano i primi di dicembre del 2014, tra poco sarebbe arrivato l’ennesimo Natale tranquillo, ma la mafia barcellonese gli aveva presentato il conto con duecento litri di benzina, perché aveva coraggiosamente detto “no” alle richieste di pizzo. Quella notte la vita sembrava per sempre sospesa, bruciata come le doghe di legno della sua creatura, con cui si guadagnava onestamente da vivere facendo la spola tra Milazzo e le Eolie, per portare in giro i turisti.

E invece il suo coraggio, la sua perseveranza - riporta la Gazzetta del Sud in edicola - lo hanno portato oggi a poter dire di aver ripreso in mano l’esistenza. La sua storia è emblematica. Ha denunciato tutto, lo Stato e l’antiracket hanno fatto la loro parte, gli sono stati concessi i finanziamenti di ristoro ed è tornato ad essere imprenditore. A testa alta. E la mafia ha perso ancora una volta.

«Sono milazzese d’origine - racconta Salamone -, e dall’età di 8 anni ho svolto l’attività di pescatore assieme a mio padre e ai miei fratelli. Nel 2002, stante le difficoltà nel settore della pesca nonché la stanchezza fisica data da una vita di sacrifici, io e la mia famiglia abbiamo deciso di investire nel settore del turismo. Così abbiamo costituito la società “Navisal Srl”, ed impegnando tutti i nostri risparmi e ottenendo un mutuo abbiamo progettato e acquistato la motonave “Eolo d’Oro”».

Torniamo indietro, alla notte dell’incendio...

«Il nostro progetto andava avanti sia pur tra mille fatiche, fino a quella famosa notte del dicembre 2014, che diede inizio a un incubo. La motonave fu integralmente demolita da un vile attentato incendiario, utilizzarono ben 200 litri di benzina, così come ha rivelato un collaboratore di giustizia, e andarono in fumo tutte le fatiche e i risparmi di una vita e il lavoro di oramai dieci famiglie. Ricordo ancora oggi le colonne di fuoco, impetuose come la paura e la disperazione che si leggeva nei nostri occhi».

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