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I tentacoli della mafia negli appalti e nelle elezioni: 12 arresti ad Agrigento

Tra i destinatari delle misure cautelari figurano fiancheggiatori di Giovanni Brusca, appartenenti alla famiglia stiddara che uccise barbaramente il giudice Rosario Livatino e politici locali

Scatta l'operazione antimafia “Oro Bianco”. I carabinieri del Comando provinciale di Agrigento, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, hanno dato esecuzione a 35 provvedimenti, tra cui 12 arresti, per associazione a delinquere di tipo mafioso. L’accusa per gli indagati è di essersi avvalsi della forza di intimidazione della mafia per commettere gravi delitti, acquisire la gestione o il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici e procurare voti eleggendo propri rappresentanti in occasione delle consultazioni elettorali. Tra gli arrestati figurano fiancheggiatori di Giovanni Brusca, appartenenti alla famiglia stiddara che uccise barbaramente il giudice Rosario Livatino, e politici locali. In azione 200 uomini dell’Arma territoriale, dello squadrone Cacciatori, dei nuclei cinofili ed elicotteri. Alle 10.30 conferenza stampa al Comando provinciale dei carabinieri.

Contratti di quartiere nel mirino

Tra i tentativi di estorsione svelati dall’indagine dei carabinieri ci sarebbe quello ai danni del gruppo di imprese che
si è aggiudicato un appalto da due milioni e trecento mila euro nell’ambito del “Contratto di quartiere”.

“Famigghieddre” e “paraccari”

Determinanti, per l’inchiesta che ha portato all’operazione “Oro bianco”, sono state anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta di Favara. Quaranta ha spiegato che «a Palma di Montechiaro a gestire ogni cosa c'è Rosario Pace, inteso “cucciuvì”». I rapporti con il reggente della famiglia mafiosa di Cosa Nostra di Palma di Montechiaro - stando a quanto emerge dall’inchiesta - sono di stretta collaborazione. Quella scoperta a Palma di Montechiaro non è la tradizionale Cosa Nostra, ma ne ricalca lo schema organizzativo. Ed è per questo che la Procura di Palermo contesta il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Il «paracco» è gruppo criminale che non fa parte di Cosa Nostra, ma ne ha tutte le caratteristiche organizzative. Come la stidda si affianca alla mafia, di cui subisce l’autorità, ma si muove in autonomia. Quaranta ha descritto le «famigghiedde» costituite da una decina di persone, i «paraccari», e hanno una struttura gerarchica composta da capi, sottocapi, capidecina e tutti si mettono sotto l’ombrello di protezione dell’associazione criminale.

In manette un consigliere comunale

Fra i destinatari dell’ordinanza cautelare dell’inchiesta «Oro bianco», che ha fatto scattare in provincia di Agrigento 35 provvedimenti, tra cui 12 misure di custodia cautelare in carcere, c'è il consigliere comunale di Palma di Montechiaro, Salvatore Montalto, 52 anni, eletto quattro anni fa nelle fila dell’Udc. Montalto, impiegato di banca, è finito in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. In particolare sarebbe stato uno dei cosiddetti «capidecina» della cosca del paese che avrebbe avuto in Rosario Pace, il punto di riferimento. L’esponente politico, secondo le accuse, sarebbe stato «a disposizione della famiglia mafiosa» garantendo supporto e «contribuendo a rafforzare il prestigio criminale sul territorio». L’indagine dei carabinieri, coordinati dalla Dda di Palermo, ha accertato altri legami fra la criminalità e la politica. Un intero capitolo dell’ordinanza è dedicato ai «favori ai politici»

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