Domenica 28 Aprile 2024

La 17enne uccisa a Caccamo, Morreale resta in carcere: "Quadro gravissimo"

«Alla luce dei molteplici elementi emersi, a dispetto della fase embrionale dell’indagine, non si può che concordare con l’organo dell’accusa relativamente alla sussistenza di un gravissimo quadro indiziario a carico del Morreale. Ed invero, il materiale probatorio offerto a questo decidente non si presta a letture alternative che abbiano un barlume di credibilità». Lo scrive il gip di Termini Imerese, Angela Lo Pipero nell’ordinanza con cui non convalida il fermo ma applica la custodia cautelare in carcere a Pietro Morreale, 19 anni, indagato con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere, dopo la morte della fidanzata diciassettenne, Roberta Siragusa, il cui corpo è stato ritrovato in fondo ad un dirupo, parzialmente bruciato, domenica alle porte di Caccamo. Oggi si è svolta l’udienza di convalida durante la quale l’indagato, assistito dai legali Giuseppe Di Cesare e Angela Maria Barillaro, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Prosegue ancora il gip: «L'indagato ha condotto i militari al corpo senza vita di Roberta e con lei ha trascorso gli ultimi - senz'altro tragici - momenti della sua vita. Ha detto di non averla uccisa ma, seppure in un coacervo di dettagli ancora da chiarire, il compendio probatorio a suo carico è estremamente grave». I carabinieri di Termini Imerese - coordinati dal procuratore Ambrogio Cartosio e dal sostituto Giacomo Carta - da domenica, giorno del ritrovamento del corpo della diciassettenne, hanno proseguito le indagini. Oltre alle videocamere che immortalano i passaggi notturni dell’autovettura in uso a Morreale, proprio ieri i carabinieri hanno effettuato un sopralluogo al campo sportivo di Caccamo repertando alcuni oggetti «significativi» e tra un cumulo di oggetti parzialmente bruciati, anche un mazzo di chiavi. «Una foto del mazzo di chiavi parzialmente bruciato ma integro - si legge nel provvedimento - è stata mostrata ai familiari di Roberta che hanno prima descritto le chiavi di casa in possesso della vittima della ragazza la sera della morte e ne hanno riconosciuto la corrispondenza con quelle in uso alla ragazza». «Sono poi di tutta evidenza le contraddizioni in cui sono incorsi i familiari dell’indagato - che pure si potevano avvalere del diritto di astenersi dal rendere dichiarazioni - su altri particolari non meno rilevanti e relativi agli orari in cui si sarebbero svegliati ed avrebbero ricevuto le confidenze del figlio».

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