Lunedì 29 Aprile 2024

Maxi truffa ad Agrigento, chiedevano 2500 euro per saltare l'esame per un posto di lavoro

Avrebbero utilizzato un vero e proprio schema, quello del «marketing multilevel» per truffare almeno 160 persone, tutte ingannate con la promessa di un posto di lavoro in una immaginaria nuova base militare da realizzarsi lì dove invece nascerà una riserva naturale, Punta Bianca. E’ una vicenda complessa e a tratti grottesca quella ricostruita dai carabinieri di Canicattì nel contesto dell’operazione «Multilevel» che vede indagate tre persone che avrebbero operato, tra febbraio 2020 e agosto 2021 in una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla truffa.

I dettagli

I dettagli sono stati ricostruiti in una conferenza stampa al Comando provinciale dei carabinieri di Agrigento. A monte di tutto, secondo gli inquirenti, vi sarebbe stato l’ideatore del sistema, L.M, di Favara, che nelle riunioni con i truffati si sarebbe presentato come «Cardinale vescovo di Monreale», una personalità di rilievo politico e sociale tale da poter, appunto, garantire assunzioni. Insieme a M. indagati sono due fratelli canicattinesi. Tutto sarebbe partito dalla denuncia di alcune vittime che si sono rivolte ai militari, raccontando quanto stava accadendo. Sono state le intercettazioni poi, ricostruiscono i carabinieri, ad accertare come i tre «mediante artifizi quali il millantato patrocinio di vertici dello Stato e la sostituzione di persona, la disponibilità di progetti edilizi, contratti, documenti e timbri falsi» avrebbero promesso 160 posti di lavoro a persone tra le province di Agrigento, Caltanissetta e Palermo, in una immaginaria futura base militare da costruire appunto a Punta Bianca. I truffati avrebbero versato somme a partire da 2500 euro per saltare l’esame di assunzione. Il volume di affari complessivo sarebbe stato di circa mezzo milione di euro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, gli indagati - sempre al fine di rendere il tutto più verosimile - hanno indicato come beneficiario delle somme richieste il generale di corpo d’armata Luciano Portolano, che era ovviamente ignaro di quanto stava avvenendo.

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