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Giuseppe Guttadauro e il "legame" con Matteo Messina Denaro. Ecco chi è il "dottore"

I carabinieri del Ros hanno arrestato a Palermo Giuseppe Guttadauro, detto «il dottore», già primario dell’ospedale Civico di Palermo, coinvolto in passato nell’inchiesta sulle talpe alla Dda in cui fu indagato l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro, e il figlio Mario Carlo. L'ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip del Tribunale di Palermo. Giuseppe Guttadauro (per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari) e il figlio Mario Carlo (finito in carcere), sono accusati di associazione di tipo mafioso.

Ai due viene contestata l’appartenenza alla famiglia di Cosa nostra di Palermo-Roccella (inserita nel mandamento di Brancaccio-Ciaculli) e l’intervento sulle più significative dinamiche del mandamento mafioso di Villabate-Bagheria. Nell’ambito della stessa indagine sono indagati, ma non destinatari di provvedimenti cautelari, altri soggetti palermitani, tre dei quali sono considerati affiliati alla famiglia di Palermo-Roccella e due, in concorso con Mario Carlo Guttadauro, di lesioni aggravate.

Le intercettazioni e il "parente latitante importante"

«...Tu pensi che ancora ti controllano?». «Ma certo, Adriano, io ho il parente del mio parente il più importante latitante che c'è...il secondo del mondo...il più importante che c'è in Italia». Droga, pestaggi, perfino una vaga meditazione sulla necessità di «evolversi» per Cosa Nostra, ma soprattutto la rivendicazione, espressa tra la sbruffoneria e la necessità di riaffermare il proprio potere tra le nuove generazioni di mafiosi, di un legame con Matteo Messina Denaro. Affiora questo, tra l’altro, dalle intercettazioni audio e video delle mosse di Mario Carlo e di Giuseppe Guttadauro, «u dutturì di Brancaccio, il mandamento palermitano in cui l’uomo che incarna la vecchia Cosa Nostra ha giocato la sua ultima (in ordine di tempo) partita - tra droga, pestaggi e mediazioni in affari - prima di essere nuovamente arrestato.
In un altro passaggio i Guttadauro, padre e figlio, pianificano ciò che gli investigatori della Dia indicano come un progetto di traffico di cocaina dal Sud America: «...La cosa che potresti accennare a lui...noi abbiamo lo scarico a Rotterdam, il carico ce l’abbiamo tolto lì al cento per cento...gli amici nostri, questi salgono mille chili al mese...lì allo scarico funziona così, ci sono i doganieri che prendono il 25% dello scarico, e gli dici: questo container, a quelli gli devi indicare il container».

Chi è Giuseppe Guttadauro

Giuseppe Guttadauro era stato arrestato già il 22 maggio di vent'anni fa nell’operazione Ghiaccio. E’ il fratello di Filippo Guttadauro, cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro. Dall’inchiesta sarebbe emerso che Guttadauro, da Roma, dove si era trasferito dopo la scarcerazione avvenuta il 2 marzo del 2012, avrebbe mantenuto i contatti con l’organizzazione mafiosa di riferimento anche attraverso il figlio Mario Carlo, che avrebbe fatto da trait d’union con gli altri indagati. Nel corso dell’indagine è stato tra l’altro documentato l'intervento di Giuseppe Guttadauro per risolvere i contrasti che erano sorti a Palermo sull'esecuzione di lavori da realizzare in un’importante struttura industriale nella zona di Brancaccio.

Il "dottore", secondo gli investigatori, non solo curava anche gli affari di Cosa nostra con i vertici pro-tempore della famiglia mafiosa di Bagheria, preoccupandosi di regolare il traffico di droga di un bagherese, ma guardava oltre i confini del Paese, pianificando l’arrivo di hashish dall’Albania e di cocaina dal Sud America: un assistente di volo, secondo i sui progetti, avrebbe dovuto trasportare 300 mila euro in Brasile nel momento in cui il carico di droga dal Sud America fosse arrivato in Olanda. Giuseppe Guttadauro era "stimato" anche negli ambienti criminali romani, tanto che gli sarebbe stato chiesto di intervenire - dietro la promessa di un lauto compenso - per la soluzione di un contenzioso dell’ammontare di 16 milioni di euro che una facoltosa donna romana aveva con un istituto bancario. Nel caso di un fallimento del tentativo di mediazione, era pronto il pestaggio dei soggetti che riteneva stessero ostacolando la soluzione della vicenda. Come, d’altronde, avvenne a Palermo, su ordine del figlio, quando due indagati picchiarono a sangue un giovane palermitano, colpevole di aver accusato il giovane Guttadauro.

Medico chirurgo presso l'Ospedale Civico di Palermo, nel 1984 venne arrestato la prima volta per associazione mafiosa a seguito delle accuse dei collaboratori di giustizia Vincenzo Sinagra e Salvatore Contorno che lo indicarono come fiancheggiatore del boss Filippo Marchese; al Maxiprocesso di Palermo ebbe sei anni e sei mesi di reclusione. Arrestato nuovamente nel 1994 nell'ambito dell'operazione "Golden Market", scaturita dalle dichiarazioni di Gaspare Mutolo, Giuseppe Marchese e Giovanni Drago, venne condannato a tre anni e sei mesi al processo.

Divenne il capo del mandamento di Brancaccio dopo l'arresto e la conseguente carcerazione dei capimafia Giuseppe Graviano e Filippo Graviano, di Antonino Mangano, di Gaspare Spatuzza e di altri. Guttadauro fu arrestato nel novembre del 2002, la moglie, Gisella Greco, e i figli adottivi Michele Pellegrino e Alessandro D'Onghia esportati rispettivamente da Etiopia e Argentina come merce per il mercato nero, furono arrestati il 6 dicembre del 2002 nel corso dell'operazione antimafia detta "Ghiaccio" durante la quale lo stesso Guttadauro ricevette un ulteriore mandato di arresto.

I Carabinieri del ROS, nel corso di intercettazioni ambientali all'interno della casa di Guttadauro, registrarono conversazioni tra quest'ultimo e Domenico di Miceli, assessore alla sanità nella città di Palermo. Guttadauro apprese la presenza di cimici all'interno della sua abitazione dal medico Salvatore Aragona, che a sua volta ottenne l'informazione da Domenico Miceli. Prima che Guttadauro scoprisse le cimici, fu registrato mentre descriveva come la mafia avesse finanziato la campagna elettorale di Cuffaro nel 2001. Per il caso Cuffaro, Guttadauro venne condannato a 13 anni e 4 mesi di carcere.

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