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Forza Italia al bivio in Sicilia, l'ultima corsa di Miccichè

Chissà come sta sghignazzando Musumeci di fronte agli strattoni del Miccichè furioso, sconfessato da sette deputati e costretto a mostrare i muscoli per respingere l'attacco al feudo siciliano di Forza Italia. Ieri il presidente dell'Ars ha svuotato le commissioni parlamentari, invitando i deputati a riformulare le nomine con l'obiettivo di esautorare gli scissionisti del suo partito. E così mentre il vicepresidente della Regione, Gaetano Armao, vola a Roma per rappresentare al coordinatore nazionale, Antonio Tajani, "la grave deriva del partito", Miccichè vive le fasi convulse del suo governo autocratico, ormai corroso da una faida tribale. E pensare che appena un mese fa il capogruppo degli "azzurri" all'Ars, Tommaso Calderone (fedelissimo di Miccichè dopo un periodo di turbolenze),  veleggiava sull'onda di un centrodestra che avrebbe trovato in Forza Italia il regista della coalizione:  "Non credo che ci siano problemi in Forza Italia – affermava - anzi, lo posso proprio escludere".  Ipse dixit. Oggi Calderone si ritrova con uno sfratto e un "gemello" alla guida del gruppo all'Ars, eletto da sette deputati ribelli. Non sarà un'esautorazione nel pieno rispetto dei codici, ma la mossa smaschera, al di là di ogni irragionevole ipocrisia, che Forza Italia è al bivio. Indietro non si torna. E Gianfranco Miccichè,  all'ultimo giro di politica siciliana, deve scegliere se togliersi la corona e firmare l'armistizio con i frondisti del suo partito, o rinnovare l'avventura del solista, già una volta sperimentata con Grande Sud. E chissà se magari sulla sua strada non troverà un altro compagno di viaggio, impegnato a scompaginare gli equilibri del centrodestra, quel Cateno De Luca che sta girando l'Isola con la bandiera di Sicilia Vera. Intanto Musumeci, che per quattro anni ha dovuto sopportare il fiato di Miccichè sul collo, si gode lo spettacolo.

 

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