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Sicilia, Cosa nostra convive con la mafia nigeriana

Il documento semestrale della Direzione investigativa antimafia: i tanti volti della criminalità

L’arresto del boss Giuseppe Guttadauro e del figlio Mario Carlo da parte dei carabinieri del Ros nel febbraio 2022

È una Cosa nostra in recessione quella fotografata dalla Dia nella sua tradizionale relazione semestrale, clamorosamente “convivente” con la mafia nigeriana. Se nell’edizione di venerdì abbiamo focalizzato l’attenzione sulle dinamiche di Messina e della sua provincia, oggi sono tutte le altre mafie siciliane al centro dell’attenzione.
E sono mafie che sparano di meno, piuttosto puntano al controllo del territorio con altri mezzi: la leva della corruzione o un welfare parallelo, funzionari pubblici e professionisti compiacenti, relazioni utilitaristiche con amministratori locali, alleanze inedite per le piazze di spaccio, come quella tra i clan siciliani e i cults nigeriani a Palermo. La Dia inquadra così l’evoluzione della criminalità organizzata: da un lato meno azioni cruente e comportamenti in grado di provocare allarme sociale, dall’altro «una progressiva occupazione del mercato legale». Calano gli omicidi di tipo mafioso, da 9 del I semestre 2020 a due; e calano anche le associazioni di tipo mafioso, da 77 a 57. Mentre la propensione a inquinare l’economia legale trova conferma nell’incremento delle segnalazioni di operazioni sospette, 49.104 nel I semestre 2019, 54.228 nel I semestre 2020 e 68.534 nel semestre 2021, e delle interdittive antimafia, rispettivamente 279, 384 e 455. Può dipendere - rileva la struttura investigativa - dalla maggiore attenzione posta alle infiltrazioni degli appalti, ma appare sempre maggiore l'interesse delle organizzazioni criminali per l’accaparramento di commesse ed opere pubbliche. Il quadro, rileva la relazione, impone particolare attenzione all’aggressione dei beni illecitamente accumulati. Nel primo semestre del 2021 sono stati confiscati a soggetti organici e collegati a vario titolo a gruppi mafiosi beni per oltre 129 milioni. Nello stesso periodo sono stati effettuati sequestrati per un valore di quasi 94 milioni.
Cosa nostra ha praticamente perso la «signoria territoriale» e oggi è «costretta a un regime di convivenza» con i clan nigeriani. In Sicilia la coesistenza di diverse matrici mafiose - scrive la Dia-, «sia autoctone che allogene, si fa convivenza laddove sullo stesso territorio si giunge ad accordi utilitaristici in uno o più settori di cointeressenza confermando ulteriormente la tendenza, già emersa in passato, a rinunciare alla violenza e ai conflitti cruenti in favore di una predilezione per gli affari... in questo ambito rappresentano un “quid novis” i rapporti con le mafie nigeriane, soprattutto nella città di Palermo dove i sodalizi centrafricani sembrano aver acquisito un vantaggio competitivo nel settore degli stupefacenti. I “cults” nigeriani sono in grado di governare l’offerta e la domanda, i flussi di sostanze stupefacenti e soprattutto i cospicui proventi derivanti da un mercato che si conferma tuttora fiorente nonostante la pandemia».
Cosa Nostra è in difficoltà, ha subito una “laicizzazione” in base alla quale i suoi membri non la vedono in modo sacrale e spesso collaborano rapidamente con la giustizia, ma «non ha subito una mutazione antropologica: vero è che non la violenza non è palese, ma non è detto che non esista; basta che venga minacciata con l’intimidazione». E i rapporti con la politica? «Il referente in quel mondo è oggi un punto interrogativo. Ma la mafia resta in attesa di sapere chi sarà».

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