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Messina, il duplice omicidio di Camaro. L'indiscrezione: sono piombati in casa ed erano armati

Alla base del dissidio i prestiti che avrebbe fatto a Portogallo e Cannavò, le due vittime

Avevo fatto dei prestiti ad entrambi, mi dovevano dei soldi. E quel giorno sono piombati in casa mia tutti e due armati di pistola. Dopo la sparatoria sono scappato e mi sono nascosto perché temevo seriamente una “vendetta”.

Sarebbe questa secondo indiscrezioni la “versione di Costantino”, ovvero la sua ricostruzione della sparatoria che ha portato alla morte del 31enne Francesco Portogallo e del 35enne Giovani Cannavò, colpiti alle spalle mentre cercavano di fuggire.

La Procura non ha dubbi sul fatto che ad uccidere entrambi con la sua pistola il 2 gennaio scorso in via Eduardo Morabito, a Camaro San Luigi, sia stato proprio Costantino, che da quel giorno era scomparso ed è stato catturato sabato scorso, in Calabria a Rosarno, dagli investigatori della Mobile e dei carabinieri. Che giorno dopo giorno si sono avvicinati a lui fin quando lo hanno individuato e arrestato.

Ieri mattina a Palazzo di giustizia Costantino, accompagnato da uno dei suoi legali di fiducia, l'avvocato Filippo Pagano, che lo assiste insieme al prof. Carlo Taormina, è rimasto per oltre un'ora e mezza nell'ufficio del gip Fabio Pagana. Per rispondere alle sue domande e a quelle del pm Giulia Falchi, il magistrato che segue il caso con il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio.

E in quell'ora e mezza ha raccontato la sua verità ricostruendo dal suo punto di vista i rapporti d'interesse precedenti con i due uccisi, Portogallo e Cannavò, e quanto è successo il 2 gennaio scorso in via Eduardo Morabito. Secondo Costantino quindi, i due sarebbero “piombati” in casa sua entrambi armati con l'intenzione di ucciderlo e lui si sarebbe difeso. Il dissidio sarebbe nato da alcuni prestiti che Costantino aveva concesso in passato ad entrambi, denaro che evidentemente aveva chiesto di riavere. C'è anche un fatto pregresso in questa storia, ovvero che Costantino circa un mese prima delle sparatoria era stato gambizzato mentre si trovava sul viale Europa.

È chiaro che dopo l'interrogatorio di garanzia sarà il gip Pagana a decidere se confermare in sostanza il contenuto delle due ordinanze precedenti emesse a suo carico, dove lo indica come duplice omicida in base alle risultanze delle indagini portate avanti in questi mesi da carabinieri e polizia.

Ed è scontato che proprio sulla base del suo racconto al gip l'aggiunto Di Giorgio e il pm Falchi delegheranno nuovi accertamenti investigativi per verificare se la sua versione dei fatti regge alla prova degli accertamenti balistici sui bossoli trovati all'interno dell'abitazione di via Morabito e sulle tracce di sangue repertate sempre tra quelle stanze, e anche alle risultanze delle due autopsie (i colpi sono stati sparati alle spalle dei due, mentre fuggivano).

Un altro capitolo ancora da scrivere per gli inquirenti è quello della sua lunga latitanza. Non si sta nascosti in un casolare di Rosarno, in Calabria, per oltre tre mesi, se non si hanno appoggi logistici adeguati e se non si dà la “formale comunicazione” alla 'ndrina predominante nel territorio di riferimento. Oppure è vero - come avrebbe dichiarato il 37enne -, che ha vagato da barbone per settimane in Calabria, trovando poi ospitalità in un luogo in cui, chi lo ha accolto, era ignaro di tutto. Con chi si è rapportato Costantino in questi mesi? Come ha fatto a raggiungere la Calabria? Dov'è la pistola con cui ha ucciso Portogallo e Cannavò? Chi gli ha fornito i documenti falsi con cui, forse, pensava di espatriare all'estero per lasciarsi ancora di più alle spalle quella “sete di vendetta” da parte dei parenti degli uccisi, di cui ha parlato a Palazzo di giustizia durante l'interrogatorio di garanzia?

Il legale: ha risposto a tutto

L'avvocato Filippo Pagano, uno dei difensori di Costantino ieri ha dichiarato: «Il mio assistito ha deciso di rispondere, ha chiarito la dinamica dei fatti e ha chiarito i motivi per cui è rimasto latitante». Successivamente l'avvocato Pagano e il prof. Carlo Taormina, l'altro difensore, hanno rilasciato una dichiarazione: «“Sono colpevole perché mi sono difeso”: con queste parole, eloquenti nel significato, il sig. Costantino Claudio ha esordito. Secondo quanto emerso in sede di interrogatorio, il Costantino Claudio è rimasto vittima di un'irruzione, da parte di due soggetti entrambi armati, penetrati all'interno del suo domicilio. In questa dinamica si colloca la “reazione” del Costantino che, dopo essere scampato all'agguato ha, per l'appunto, reagito, fino ad allontanare Portogallo e Cannavò dalla propria abitazione. Un quadro che, ove confermato, apre alla legittima difesa domiciliare. E la conferma arriva in parte dal rinvenimento, all'interno dell'abitazione, di tracce ematiche riconducibili a Cannavò Giuseppe. Sul versante della latitanza ha spiegato che essa è stata determinata dalla paura. Lui, dopo aver fatto una vita da barbone, ha trovato ospitalità da due persone che erano comunque ignare del suo stato di ricercato».

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