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Scacco all'oro della mafia a Palermo, cinque arresti. Sequestro beni per 5 milioni - NOMI

L’oro della mafia. Cinque arresti per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio, ricettazione ed estorsione aggravati. Sequestrati cinque imprese e patrimoni per circa 5 milioni di euro. Fiumi di metallo prezioso sotto il controllo del mandamento mafioso di Porta Nuova, a Palermo. In azione i finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia valutaria, in collaborazione con il Comando provinciale di Palermo che hanno eseguito l’ordinanza emessa dal gip di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia a carico di imprenditori nel settore del commercio dell’oro. I sigilli sono apposti su aziende, somme di denaro, oro, disponibilità finanziarie, beni mobili registrati, nella disponibilità di 27 indagati, tra i quali titolari di "compro oro".

I nomi degli indagati

In carcere sono finititi Vincenzo Luca, 47 anni; Rosario Luca, 42 anni; Sergio Rubino, 54 anni.

Ai domiciliari Francesco Luca, 74 anni e una donna, Ilenia Catalano.

La società finita nell’inchiesta è la Luca Trading srl che si trova a Palermo in Corso Pisani.

Il "contributo" dei collaboratori di giustizia

L’attività, che si è avvalsa anche delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ha rivelato un meccanismo di riciclaggio di oro messo in atto da una società palermitana la quale, sulla base delle direttive impartite dal mandamento mafioso di Porta Nuova, a Palermo, avrebbe agito da collettore di grandi quantità di metallo prezioso raccolte nel territorio di riferimento sia da ladri e rapinatori sia dai ricettatori. Un sistema illecito che esercitava un capillare controllo sulle attività di riciclaggio e ricettazione dei metalli preziosi di provenienza illecita.

Il ruolo della famiglia di Borgo Vecchio

La società, che sarebbe stata finanziata sul nascere dall’allora reggente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, nel triennio 2016-2018, ha dichiarato operazioni di cessione di oro per oltre 2,19 tonnellate, per un controvalore di oltre 75 milioni di euro. In particolare, sarebbe emerso che, in una prima fase, il metallo prezioso - che sarebbe stato acquistato in totale omissione degli obblighi antiriciclaggio, fiscali e di pubblica sicurezza e sapendo che era frutto di reati - sarebbe stato sottoposto a un processo di fusione per essere poi ceduto ad altri operatori del settore sotto forma di lingotti. Successivamente, al fine di ridurre i rischi e di dare una parvenza di legalità alle grandi quantità di oro movimentato, gli imprenditori si sarebbero serviti di 'compro orò, rispetto ai quali sarebbero emersi gravi indizi di reato in ordine all’emissione di false fatture di vendita. Scattate numerose perquisizioni.

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