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Donna uccisa a Catania, la confessione del figlio lascia zone d’ombra

Il Gip convalida il fermo del ragazzino. Il legale della famiglia della vittima: «Viveva nella paura, ci sono altre responsabilità»

Valentina Giunta

Convalidato, nel tardo pomeriggio di ieri, dal Gip del Tribunale di Catania, il fermo del 15enne che avrebbe ucciso, nella tarda serata di lunedì scorso, al culmine di una lite, la madre Laura Valentina Giunta, 32 anni. La donna è stata assassinata all’interno della sua abitazione di via Di Giacomo nel quartiere San Cristoforo. Il Gip ha accolto la richiesta del capo della procura per i minori Carla Santocono: il 15enne è accusato di omicidio volontario e nei suoi confronti è stata emessa un'ordinanza cautelare.
Il ragazzo si trova rinchiuso in un Istituto penitenziario minorile. Ieri mattina il 15enne durante l’interrogatorio davanti al Gip ha confermato la confessione del delitto, fatta già alla Procura per i minorenni di Catania.
Dalle indagini, condotte dalla Squadra Mobile, è emerso che l’omicidio sarebbe maturato nell’ambito familiare. Il giovane si è reso irreperibile durante la notte; è stato rintracciato nelle prime ore della mattinata del 26 luglio. Dopo le sue indicazioni gli investigatori hanno rinvenuto e sequestrato gli abiti che avrebbe indossato al momento dell’omicidio. La Squadra Mobile ha accertato che il ragazzo viveva con la nonna paterna, deciso a lasciare la casa della madre, nonostante quest’ultima avesse mantenuto un atteggiamento protettivo verso il figlio, a fronte delle ostilità alimentate dalla famiglia del padre, detenuto in un carcere del nisseno. Ostilità che, secondo anche il racconto di una cugina della vittima, erano sfociate anche in aggressioni e in due denunce, poi archiviate dopo il ritiro delle querele delle vittime. Perché lei voleva rifarsi una vita, lontana dalla famiglia del marito, in carcere dal 2018, che, ricostruiscono i familiari della vittima, l’avrebbe anche minacciata quando era detenuto.

Il 15enne, secondo la procura, non avrebbe accettato la decisione della madre di lasciare la casa e allontanarsi col fratellino minore dal loro quartiere, San Cristoforo, e dalla famiglia dell'ex compagno. Il ragazzino non ha fatto trovare l’arma del delitto.
Restano ancora delle zone d’ombra per chiarire se il ragazzo abbia avuto un supporto nel delitto, anche dopo la sua fuga durata diverse ore. Ed è anche la famiglia di Valentina, che è parte offesa nell’inchiesta, a chiedere, tramite il proprio legale, l'avvocato Salvatore Cannata, «chiarezza», anche, «sul contesto deviato e deviante in cui è maturato l’efferato delitto», perché «ci sono responsabilità che non si possono limitare al solo fatto di sangue». Il penalista spiega che la donna «viveva da anni nella paura che qualcosa di grave le sarebbe potuto accadere» nella sua vecchia abitazione e per questo «da alcuni mesi si era trasferita insieme al padre in un’altra casa presa in affitto».
«Nell’ultimo anno - ricostruisce il legale - sono stati diversi gli episodi di violenza, anche gravi, che hanno visto come persone offese Valentina Giunta e la sua famiglia e come protagonisti attivi la famiglia del suo ex convivente». In questo quadro, è la tesi della famiglia della donna, il suo figlio più grande si era molto legato ai nonni paterni e avrebbe sviluppato risentimento verso la madre. La donna, ha ricostruito il medico legale, è stata colpita «con un’arma da punta e taglio al collo, al fianco e alla spalla sinistra che le cagionava la lesione di grossi vasi sanguigni con shock emorragico, che ne determinava la morte».

 

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