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Mafia, la vedova del caposcorta di Falcone: "Sulle stragi ci sono verità nascoste"

«Si dice che sul posto dell’attentato ci fossero anche altre persone oltre ai mafiosi, e allora se è vero pretendiamo verità» ha detto Tina Montinaro davanti al ministro dell'Interno Piantedosi e al capo della Polizia Giannini

La giustizia è verità, senza verità non è giustizia piena, «e noi pretendiamo di conoscere le verità nascoste se veramente vogliamo dare giustizia a quei ragazzi, altrimenti è aria fritta». Pacata nel tono ma dura nel messaggio la vedova di Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone morto con altri tre agenti, oltre allo stesso magistrato e alla moglie Francesca Morvillo, nell’attentato del 23 maggio 1992 sull'autostrada tra Capaci e Palermo.

Parole dette a margine della anteprima del film 'I ragazzi delle scorte", per la serie Memories, coprodotto dalla Rai con il ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, la presidenza del Consiglio dei ministri e 42esimo Parallelo, in ricordo, nel trentennale delle stragi, degli 8 agenti di polizia che facevano parte delle scorte di Falcone e Borsellino.

All’anteprima nella sala cinema dell’Anica, a Roma, è presente il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, con il capo della polizia e direttore generale della Pubblica Sicurezza, Lamberto Giannini, l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes.

Presenti anche diversi congiunti degli 8 agenti uccisi, e ufficiali dell’Arma dei carabinieri e rappresentanti delle istituzioni. «Facciamo solo memoria? A me non basta più», risponde Tina Montinaro, alla domanda su dove possano nascondersi eventuali silenzi o omissioni.

«Si dice - aggiunge - che sul posto dell’attentato ci fossero anche altre persone oltre ai mafiosi, e allora se è vero pretendiamo verità». Ad oggi «non abbiamo ancora avuto la verità - dice inoltre davanti ai microfoni e alle telecamere dei Tg Rai - i nostri figli sono cresciuti, è cambiata la società civile a Palermo, ma la verità?».

La vedova del caposcorta di Falcone sottolinea che «la rabbia c'è... Bisogna andare sempre alla ricerca della verità. Qualcuno abbia il coraggio di dire quello che è successo, siamo stanchi di sentirci dire sempre le stesse parole». E poi: «Voglio credere a questo Stato, loro ce lo devono. La popolazione è cresciuta, se noi diciamo la verità alle nuove generazioni aiutiamo a dare credibilità allo Stato, lo dobbiamo ai giovani, e questo lo devono a noi, ai nostri morti e alla polizia di Stato».

«Da parte dei familiari delle vittime c'è un’ambizione alla verità e noi dovremmo superare finalmente quell'odore di carne e di polvere da sparo ed arrivare ad una sintesi tra la verità giudiziaria e quella storica» ha detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi alla presentazione del docufilm realizzato nel trentennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio.

Il film, ha sottolineato Piantedosi, «è bellissimo, restituisce a distanza di 30 anni l’enormità di quegli episodi per le generazioni più giovani ed anche il senso civico dei poliziotti e degli uomini di legge. Per la mia generazione è stato emozionante tornare a quell'epoca, l’Italia stava cambiando. Dobbiamo trarre insegnamenti da quei fatti».

 

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