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Chi è Alfonso Tumbarello, il medico di Messina Denaro indagato. Un passato nell'Udc

L’ultimo a finire indagato è stato Alfonso Tumbarello, 70 anni, medico di base a Campobello di Mazara, che aveva firmato le prescrizioni per "Andrea Bonafede", alias Matteo Messina Denaro, il super latitante in cura per un tumore che era stato sottoposto a due interventi chirugici. Saranno adesso gli inquirenti a stabilire le sue eventuali responsabilità. Tumbarello è di Campobello di Mazara ed è stato per decenni medico di base in paese, sino a dicembre scorso, quando è andato in pensione. Tumbarello sino a qualche mese fa è stato medico del vero Andrea Bonafede, 59 anni, residente a Campobello di Mazara e avrebbe prescritto le ricette mediche a nome dell’assistito.

Ieri i carabinieri hanno perquisito le abitazioni di Campobello, di Tre Fontane e l’ex studio del medico che è stato anche interrogato. Tumbarello, che è stato anche candidato a sindaco del paese e alle regionali del 2006, non è un caso isolato. Del resto anche i boss si ammalano e devono ricorrere a medici, farmaci ed ospedali. E tutto questo diventa più difficile se si vive in latitanza. Così la cronaca registra non pochi casi di medici andati a processo con l’accusa di concorso o di favoreggiamento mafioso. In questi processi aleggia sempre il richiamo al giuramento di Ippocrate ed al segreto professionale. Ma al tempo stesso non mancano casi di professionisti che hanno detto «no" ai boss ed hanno pagato con la vita. Il prof. Paolo Giaccone, docente di medicina legale, rifiutò una perizia di favore che avrebbe dovuto scagionare un killer e venne assassinato. Stessa sorte toccò al chirurgo dell’Ospedale Civico Sebastiano Bosio, per essersi rifiutato di operare un latitante. Ma se c'è chi rifiuta non manca chi acconsente. Tommaso Buscetta sostenne che uno dei più brillanti chirurghi d’urgenza degli anni '60, Giuseppe Troja era «uomo d’onore». Così anche il medico e politico Gioacchino Pennino, accusato di essere uomo d’onore di Brancaccio, sfuggito all’arresto a Palermo e catturato nel 1994 mentre era latitante in Croazia. Quando se ne è presentata l’occasione i boss sono stati insediati addirittura al vertice degli ospedali. Accadde negli anni '50 a Corleone quando il medico Michele Navarra diresse il locale Ospedale dei Bianchi. Fece male i suoi calcoli e fu ucciso dal boss corleonese «emergente» Luciano Liggio, pena del contrappasso per avere ucciso, secondo gli investigatori, iniettandogli aria in vena un pastorello casuale testimone di un regolamento di conti mafioso.

Quaranta anni dopo Giuseppe Guttadauro, primario di chirurgia dell’ospedale Civico, erede dei fratelli Graviano al vertice della cosca di Brancaccio è stato condannato a 13 anni di reclusione nel processo sulle talpe alla Dda in cui fu coinvolto anche l’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro, pure lui medico radiologo, che ha invece scontato una condanna a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra. Ed in questo stesso processo 15 anni e sei mesi sono stati inflitti a Michele Aiello, ex manager della sanità privata, proprietario di cinque cliniche, tutte sequestrate, tra cui Villa Santa Teresa a Bagheria, centro oncologico all’avanguardia. Secondo gli investigatori proprio in questa struttura Bernardo Provenzano sarebbe stato curato per un tumore alla prostata poi rimosso nel 2003 nella clinica «Le Ciotat» di Marsiglia, dove fu operato mentre era latitante. E lo stesso male ha «tradito» Matteo Messina Denaro, arrestato ieri dal Ros mentre attendeva di sottoporsi a un ciclo di chemioterapia nella clinica «La Maddalena», altro centro sanitario di eccellenza, estraneo alle indagini. Insomma: controllare un ospedale, oggi come ieri, è nel mirino dei boss, basterà ricordare l’offerta ricevuta nel 2014 da Elena Ferrante per l’acquisto di una quota della sua clinica a Castelvetrano. A formalizzarla fu un cugino omonimo di Messina Denaro. L’imprenditrice rifiutò e da allora vive protetta dalla polizia. Ed ora, dal contesto della cattura di Messina Denaro, non è difficile immaginare perché la «famiglia» di Castelvetrano fosse interessata alla locale casa di cura privata. Sempre meglio che rivolgersi al dottor Tumbarello.

Chi è Alfonso Tumbarello

Oltre ad esercitare la professione di medico, Tumbarello vanta una importante esperienza politica. Nel 2006 è stato candidato alle elezioni regionali con la lista dell'Udc (fu rieletto presidente l'esponente dello scudocrociato Totò Cuffaro). Tumbarello, che già all'epoca vantava un'esperienza da consigliere provinciale sempre dell'Udc, conquistò 2697 voti e non fu eletto. Ma come riporta Repubblica: "Il medico, comunque, non si diede per vinto: cinque anni dopo cercò di essere eletto sindaco della sua Campobello di Mazara, scendendo in campo con il Popolo delle libertà. Anche quello fu un flop, però: Tumbarello mancò persino l'approdo al ballottaggio, piazzandosi al quinto posto in una tornata elettorale che poi vide vincere Ciro Caravà. Singolarmente, l'amministrazione Caravà fu poi sciolta per mafia".

Cuffaro: "Mai conosciuto Alfonso Tumbarello"

«Gli inquirenti accerteranno cosa c'entra il dottor Alfonso Tumbarello con Messina Denaro, ma è certo che non c'entra niente con me». Lo afferma il commissario regionale della Dc, Totò Cuffaro, dopo alcune notizie riguardanti la candidatura di Tumbarello alle Regionali del 2006 e alle amministrative del 2011 a Campobello di Mazara. «A chi della stampa non perde occasione per spargere fango contro di me voglio ricordare che nel 2006 la mia lista, era la "Lista del Presidente" chiamata "Arcobaleno", e il dottor Tumbarello non era candidato con la mia lista, era candidato nella lista della Udc e - precisa ancora Cuffaro- le candidature di Trapani non sono state scelta da me». "Nel 2011, quando si è candidato a sindaco, io ero già in carcere e, quindi, non l’ho potuto scegliere come candidato. Quello che si sta scrivendo contro di me è semplicemente vergognoso e non degno di una informazione seria ma soltanto diffamatoria», conclude Cuffaro.

Il rapporto con l'ex sindaco di Castelvetrano Tonino Vaccarino

"Chi lo conosce lo descrive - scrive ancora Repubblica - come un personaggio vicino all'ex sindaco di Castelvetrano Tonino Vaccarino. E questo apre un altro spaccato: Vaccarino, nome in codice Svetonio, intrattenne una lunga corrispondenza con Messina Denaro durante la sua latitanza. Lo scambio, coperto dai servizi segreti, sarebbe stato condotto per arrivare a individuare il latitante".

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