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Antoci sulle intercettazioni: "Grazie a quelle attività la magistratura mi salvò la vita"

 Nel dibattito sulle intercettazioni irrompono le dichiarazioni di Antoci durante un convegno a Palermo organizzato dalla CGIL. Giuseppe Antoci ex Presidente del Parco dei Nebrodi, oggi Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto, oggetto di un gravissimo attentato mafioso dal quale si salvò grazie all’auto blindata e alla valorosa reazione dei Poliziotti di scorta che, dopo un violento conflitto a fuoco, gli salvarono la vita, racconta come grazie ad alcune intercettazione la magistratura lo mise sotto scorta con effetto immediato, di fatto salvandogli la vita.

Gli dobbiamo sparare un colpo nel cervello a sto cornuto” così nelle intercettazioni telefoniche della Squadra Mobile di Enna dicevano di Antoci in un summit. Allora la Procura Distrettuale Antimafia di Caltanissetta attivò il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza mettendo immediatamente sotto scorta Antoci. Quella scorta che poi gli salvò la vita.

Trovo corrette le dichiarazioni del Procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e quelle del Procuratore Nazionale Antimafia Melillo – dice Antoci – Le intercettazioni sono il fondamento delle attività di indagine. Se qualcuno ne fa un uso distorto sia perseguito ma diminuirne l’intensità, anche per reati non di mafia, sarebbe un grande errore. Spesso - continua Antoci - l'aggravante mafioso esce fuori da indagini che non partono già con reati di mafia ma lo diventano proprio grazie ad intercettazioni che vengono disposte per altri reati. Ciò è avvenuto anche per indagini condotte per il nostro lavoro e che sono poi sfociate in decine di custodie cautelari per 416 bis. E’ chiaro e noto, inoltre, che grazie alle intercettazioni mi è stata salvata la vita” – conclude Antoci.

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