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Risalvato: "A casa mia non c'era il covo di Messina Denaro, ma una cassaforte di famiglia"

Smentito anche il ritrovamento di quadri, scatole contenenti documenti, taccuini o appunti.

ANSA / IGOR PETYX

I legali della famiglia di Errico Risalvato, Massimo Mattozzi e Pietro Stallone, hanno diffuso una nota con cui smentiscono che l'immobile di via Maggiore Toselli, a Campobello di Mazara (Trapani), sia stato un «covo» del boss mafioso Matteo Messina Denaro. "Le notizie di stampa - scrivono i due legali - che si sono susseguite in maniera frenetica sono quasi integralmente infondate, riportate in maniera volutamente ambigua; la famiglia Risalvato, consapevole della rilevanza sociale prima che mediatica dei recenti avvenimenti, nel pieno rispetto dell’attività di indagine della Dda e del diritto di cronaca, ha volutamente atteso in silenzio l’evoluzione dei fatti ma la persecuzione, lo sciacallaggio e la diffamazione cui è stata sottoposta da parte della stampa da otto giorni ad oggi, impediscono di continuare a mantenere il riserbo adottato finora».

"Smentiamo categoricamente - dicono i legali - che l’immobile sia mai stato un 'covò di Matteo Messina Denaro e che in casa ci fosse un bunker; trattasi di una porzione di stanza di 3 mq munita di porta blindata, apposta nel 2015, utilizzata per riporre - specie nei periodi nei quali la famiglia si allontanava per le vacanze - gli oggetti preziosi di proprietà esclusiva della figlia di Errico Risalvato tutti frutto di regali del marito durante il fidanzamento e il matrimonio, dei genitori e dei nonni materni (promessa di matrimonio, laurea solo per citarne alcuni) come avviene in qualsiasi famiglia. Va anche precisato che tutti i preziosi ritrovati sono muniti di regolare certificato di garanzia dei rivenditori presso i quali sono stati acquistati. Smentiamo categoricamente che all’interno della stanza siano state rinvenute pietre preziose di qualsivoglia dimensione».

Smentito anche il ritrovamento di quadri, scatole contenenti documenti, taccuini o appunti. I legali respingono, inoltre, l’ipotesi che Risalvato e i suoi familiari «siano a qualsivoglia titolo coinvolti nella latitanza di Messina Denaro Matteo. Infine, i due legali affermano di essere «costretti a diffidare testate giornalistiche, programmi televisivi, blog dall’utilizzare termini quali «covo» o «bunker" in riferimento all’abitazione di via Maggiore Toselli di proprietà della famiglia Risalvato».

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