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Il figlio Riina chiede il rinnovo della carta d'identità, Corleone lo nega

«Nonostante abbia pagato il mio debito con la giustizia, nonostante mi sia allontanato da ogni logica delinquenziale e nonostante non abbia più nessun procedimento a carico, mi sento perseguitato, oppresso, tartassato e bersagliato per ogni cosa io faccia». Sono queste le parole che Giuseppe Salvatore Riina, detto Salvo, terzogenito di Totò Riina, affida al proprio legale di fiducia, l’avvocato Fabiana Gubitoso del Foro di L’Aquila, a seguito dell’ennesimo accaduto. Tutto scaturisce dalla necessità, per l’uomo, di procedere al rinnovo del proprio documento d’identità, presso il Comune di Corleone, in provincia di Palermo, dove attualmente risiede ancora la madre e dove Salvo ha abitato in passato. «La notizia - spiega l’avvocato Gubitoso - desta subito grande attenzione e lo stesso Sindaco del paese, Nicolò Nicolosi, convoca un consiglio comunale al fine di deliberare di 'sollecitare' le autorità e la magistratura ad obbligare il Riina a lasciare la città poiché la sua presenza viene ritenuta inopportuna, sgradita e indesiderata».

Salvo Riina, già condannato ad una pena di 8 anni e 10 mesi, interamente espiata, per reati commessi fino al lontano 2002, e sottoposto prima a sorveglianza speciale e poi a libertà vigilata, per ulteriori 8 anni, nel 2019 ha avuto revocata totalmente qualsiasi misura di sicurezza poiché, come da ordinanza del magistrato di sorveglianza di Pescara, ha «avuto una costante adesione al trattamento rieducativo e una seria revisione critica del suo trascorso, né vi sono elementi concreti, specifici ed attuali per ritenerlo ancora vicino ad organizzazioni criminali».

«Può, quindi - si interroga il legale - il sindaco di un paese, e quindi, lo stesso consiglio comunale chiedere di allontanare e/o impedire di chiedere la residenza ad un cittadino italiano, libero da ogni vincolo o prescrizione? Affermare pubblicamente che il Riina sia ancora pericoloso significa non credere alla rieducazione del reo e calpestare la nostra Costituzione; continuare ad accostare il suo nome al padre, significa avere pregiudizi e preconcetti indelebili». «Voglio essere lasciato in pace e poter vivere tranquillamente la mia vita, seguendo il mio lavoro di autore e dedicare il mio tempo ai miei affetti e interessi, come una persona qualsiasi»: questo il pensiero e il desiderio di Salvo Riina, deciso, anche attraverso il suo legale, a tutelarsi in tutte le sedi opportune.

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