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Simona Sparaco: così con un libro ho raccontato la multiculturalità

«Ho scritto un romanzo europeo per raccontare la multiculturalità. Dobbiamo opporci a chi ci vorrebbe in ostaggio della paura». Parola di Simona Sparaco che con il nuovo romanzo, “Nel silenzio delle nostre parole” (DeA Planeta), ha trionfato alla prima edizione del Premio DeA Planeta - con un montepremi da 150 mila euro - celandosi dietro lo pseudonimo Diego Tommasini, crasi dei nomi dei suoi due figli. Fra le pagine torna con prepotenza il rapporto madre-figlio, cadenzato dall'avanzare delle fiamme che divoreranno un palazzo a Berlino, ponendo i protagonisti, i condomini, in una situazione al limite: in caso di incendio metteremmo in salvo noi stessi o i nostri cari? Da qui Simona Sparaco incrocia le vite dei protagonisti - Alice e Matthias, Bastien, Polina e Hulya - un ventaglio di ruoli fra figli, compagni e madri, innescando un conto alla rovescia che condurrà fatalmente allo scoppio dell'incendio, provocato da un banale cortocircuito. Del resto, il romanzo si ispira ad un fatto di cronaca, il tragico incendio della Grenfell Tower a Londra, avvenuto due anni fa.

Innamorata della Sicilia, Simona Sparaco ha intrapreso un lungo tour sull'isola per incontrare i propri lettori, sino alla tappa finale al festival TaoBuk di Taormina, domenica (ore 15.30 al Palacongressi, sala B), parlando di Desiderio.

L'hanno invidiata per la vittoria del Premio DeA Planeta?

«Un po' - e le scappa una risata - forse è più facile confortare chi si trova in difficoltà che esultare sinceramente per un successo altrui...».

Per un'autrice nota - già finalista al Premio Strega nel 2013 con “Nessuno sa di noi” - cos'ha significato usare uno pseudonimo?

«Lo pseudonimo era necessario per non influenzare i giurati. Ma mi sono chiesta quanto valesse questo manoscritto al di là del mio nome, dei successi già ottenuti e del riscontro con i miei lettori».

Ricorrere ad un nome maschile o femminile ne ha cambiato le sorti?

«Credo proprio di no. È stata una scommessa vinta, un omaggio ai miei due figli».

Il tema della maternità è sempre importante nei suoi libri...

«La storia arriva e non mi perdo in ragionamenti, mi lascio guidare. Il tema della maternità mi ha sempre affascinato e in questo caso, traendo ispirazione da una storia di cronaca, il tema madre-figlio era davvero centrale. Ma non è tutto, poiché mentre scrivevo ero incinta e la data di scadenza del bando di questo premio era la stessa prevista per il parto. Così, la vita e la scrittura si sono intrecciate fortemente. È stato importante scrivere questo libro e affrontare una grande sfida prima di diventare madre per la seconda volta».

Ci sono una serie di immagini simbolicamente molto forti fra le pagine. Come le ha scelte?

«Non volevo ambientare la storia a Londra, ho preferito Berlino, una città che conosco bene, e per farlo ho cercato a lungo il palazzo giusto in cui si potesse ambientare la storia. Quando l'ho trovato, vicino al fiume e un ponte, ho notato che da lì era ben visibile una mongolfiera. Volevo che questo fosse un romanzo-mondo, che potesse raccontare un contesto multiculturale e l'idea di una mongolfiera, ancorata al suolo da una corda come fosse un cordone ombelicale, mi è sembrata un'immagine perfetta da cui partire per raccontare queste storie ovvero l'impossibilità di guardare al futuro senza risolvere il nostro passato e non tenendo conto delle nostre radici».

Il tragico incendio della Grenfell Tower a Londra aveva già ispirato il suo compagno, il giornalista Massimo Gramellini. Poi cos'è accaduto?

«Lui ha firmato un pezzo molto importante e ha raccontato questo crocevia umano sulle pagine de Il Corriere della Sera. Quella storia mi aveva sconvolto, avrei voluto che scrivesse un romanzo di cronaca. Ma lui non la sentiva nelle proprie corde e mi ha fatto capire che dovevo prendervi spunto e allontanarmene, ambientandolo altrove, traendovi ispirazione».

Oggi raccontare la multiculturalità è un gesto politico?

«Credo di sì. La politica europea ha cavalcato il terrore di questi anni, la paura degli attentati e il timore di interagire e accogliere gli altri ha prodotto i temi sovranisti e il ritorno di forze estremiste. Credo fortemente che si debbano affrontare e abbattere tutti i muri, anziché chiuderci in un guscio».

In caso di incendio, lei cosa salverebbe?

«Se sapessi che il mio tempo stia per scadere, in caso di un incendio figurato, cercherei di salvare la mia autenticità. Mi chiederei se sono stata onesta e sincera. Ci sono cose importanti che dobbiamo dire alle persone che amiamo e che fanno la differenza in un rapporto».

Simona Sparaco

Nel silenzio delle nostreparole

DeA Planetapagine 288euro 18

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