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Quando Guareschi difese la statua della regina Elena, 60 anni fa l'inaugurazione a Messina

Era la fine di giugno di 60 anni fa quando Messina viveva un giorno di festa con l’inaugurazione della statua alla Regina Elena, con cui la città rendeva onore alla sua “Fata gentile”, all’”Angelo della Carità” che si era prodigata per assistere con ardore i sopravvissuti del Terremoto del 28 dicembre 1908. Alla presenza di Amedeo d’Aosta, della duchessa Irene d’Aosta, della contessa Jolanda Calvi di Bergolo, della duchessa Anna di Francia, di tante autorità cittadine e regionali, il 26 veniva inaugurata a Largo Seggiola la statua realizzata in marmo di Carrara e di Val Roia dallo scultore toscano Antonio Berti. Una statua semplice e radiosa che riproduce una ieratica sovrana avvolta da un lungo mantello.

Un evento che aveva un grande ritorno mediatico, tanto che la “Domenica del Corriere” del 10 luglio riportava in copertina l’illustrazione colorata del grande Walter Molino del festoso momento dell’inaugurazione. Una bella foto della collezione Dini mostra la posa della statua al centro della piazza. “Era la prima volta che potevamo partecipare a una manifestazione ufficiale in omaggio a una Savoia, voluta e organizzata dalle autorità della Repubblica”, rilevava il duca Amedeo d’Aosta, in una dichiarazione riportata nel volume di Isabella Pascucci dal titolo Elena di Savoia nell’arte e per l’arte .

Il monumento messinese - l’unico in Italia dedicato alla sovrana di origine montenegrina - fu eretto grazie alla raccolta di fondi promossa dalla “Settimana Incom illustrata” su iniziativa di Francesco Malgari con l’apporto del Comitato nazionale presieduto da Nicolò Rodolico sotto il patronato del duca di Genova. Su proposta di Sergio Marullo di Condojanni, il Comune di Messina concesse l’area attorniata da quattro aiuole di Largo Seggiola a ridosso del cinema Lux.

L’evento suscitò non poche polemiche e dibattiti alimentati da movimenti antimonarchici, a cui partecipò anche il noto scrittore Giovannino Guareschi, l’autore della celebre serie di “Don Camillo e Peppone”, che sulla rivista da lui diretta Candido (29 maggio 1960) difese l’iniziativa messinese, attaccando i tanti pregiudizi e le critiche, facendo anche riferimento alla crisi politica di quei giorni in Sicilia: «È giusto che la Regina Elena sia tornata laggiù a portare, come conforto ai siciliani travolti dalle macerie di questo terremoto morale, il ricordo della sua bontà, della sua umiltà e della sua immensa onestà», scriveva Guareschi.

Per raffigurare l’”Angelo di Carità” lo scultore Berti aveva ipotizzato un’immagine dai tratti “ideali”, un’opera “composita in cui si alternano una singolare molteplicità di linguaggi e forme espressive ed un’accentuata varietà di registri narrativi”. Seguendo il progetto degli architetti torinesi Roberto Gambetti e Aimaro Origlia dell’Isola - che idearono il basamento ottagonale di travertino e i due gradini in granito (l’ing. Mario Catella curò la messa in opera) - l’artista aveva pensato a diverse tipologie di effigi scultoree, prima di realizzare la statua che oggi s’eleva solenne e elegante.

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