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Argenti di Morgantina, se lo scambio culturale diventa monopolio di un museo siciliano

L’accordo con il “Metropolitan” di New York

Gli Argenti di Morgantina restano in Sicilia. Il direttore del Metropolitan Museum, Max Hollein, ha riconosciuto «obsoleto l’accordo del 2006», in base al quale erano sottoposti a un dannoso pendolarismo, ogni 4 anni e per 40 anni, da Aidone a New York. Subito dopo averla salutata come una buona notizia, vale la pena mantenere alta la soglia di attenzione. L’assessore Alberto Samonà ha preso, infatti, carta e penna per sottoporre questa necessità al ministro della Cultura, Dario Franceschini, a stretto giro da quel 10 gennaio quando accostavamo la vicenda del prestito del frammento del piede di una dea dal Salinas alla Grecia, all'altra questione irrisolta degli Argenti, appunto. Mentre, infatti, questi ultimi restavano ancora in ostaggio di un accordo punitivo nei confronti di una terra “vittima” di sottrazione di beni oggetto di traffici illeciti, si erano tutti concentrati a sbandierare un prestito che non ha nulla di sensazionalistico. Non solo perché ha una lunga storia di precedenti a partire dal 2003, ma anche per il fatto che se questa volta finisse in un gesto di generosità culturale, non sarebbe comunque il primo nella parabola della “diaspora” dei frammenti del Partenone. Anche se è così che lo si sta raccontando.

A Palermo devono essersi dimenticato il precedente della “donazione permanente” da parte della Germania, l’11 gennaio 2006, di un frammento conservato nel Museo di antichità dell'Università di Heidelberg. Ma torniamo pure ai motivi per cui non abbassare la guardia nella nuova fase di trattative col museo americano. Anche perché oltre che “obsoleto” il precedente accordo era una vera e propria forzatura dell’articolo 67 del Codice dei Beni culturali, che prevede che «l’uscita temporanea» di un bene dal territorio della Repubblica «non può essere superiore a quattro anni, rinnovabili una sola volta». Non più di otto anni in tutto, quindi. Altro che per 40 anni.

Ma proprio quest’assurda clausola resterebbe ancora in ballo. Nelle comunicazioni del gennaio scorso l’assessore Samonà ha sottolineato che «si sta valutando l’ipotesi alternativa che ogni quattro anni possano essere prestati al Met, al posto degli Argenti, altri reperti archeologici, appositamente individuati dai diversi musei della Regione Siciliana». Se Atene (Aidone) ha smesso di piangere, Sparta (le altre città siciliane) non ride. Ma a beneficio di chi poi? Parrebbe di un solo primus inter pares, il Salinas di Palermo. È, infatti, l’unica istituzione menzionata nella sua lettera da Hollein e anche Samonà parla di «una prestigiosa collaborazione scientifica e culturale fra il Met e il nostro Museo Salinas». Con buona pace di istituti archeologici altrettanto prestigiosi come il Griffo di Agrigento o l’Orsi di Siracusa, ma anche del Museo regionale di Messina con la sua più recente sezione Archeologica (2016), da cui magari saranno prelevati reperti con una contropartita di cui beneficerà solo il museo di Palermo. Ben vengano, dunque, gli accordi culturali con i grandi musei internazionali, ma a patto che gli accordi non siano “asimmetrici”, a svantaggio della Sicilia. Tutta. Eccetto qualche isola felice.

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