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Edipo Re, ovvero il dramma dell'identità: parla Robert Carsen

"Mette assieme l'essenziale sulla natura umana. Tutto"

«Il tema per me è soprattutto l’identità. Non solo chi è Edipo, ma l’identità di ognuno di noi: noi siamo in cerca di sapere chi siamo. Cosa facciamo e perché? Questo dramma, il più importante mai scritto, mette insieme tutte queste cose essenziali sulla natura umana e le difficoltà dell’essere vivente». Robert Carsen presenta il suo "Edipo re”, nella traduzione di Francesco Morosi, al debutto mercoledì prossimo al teatro greco di Siracusa per la stagione della Fondazione Inda.

Il regista canadese è appena tornato a Siracusa da Parigi, dove debuttava "Elettra" di Strauss. «Noi pensiamo di avere il libero arbitrio, ma non è così. Ma dobbiamo comportarci come se fosse così. Perché in caso contrario restiamo a letto. Ma siamo anche ciò che scegliamo di essere, ciò che vogliamo essere, ciò che abbiamo bisogno di essere. Noi pensiamo di fare quello che vogliamo e non siamo condizionati. E poi c’è il destino, il fato, gli dei. Ma dobbiamo trovare in ognuno di noi un equilibrio fra queste cose. Il destino di Edipo è molto estremo, ma è un esempio. Un modo per andare avanti facendo quello che vogliamo fare e cercando di capire quello che ci accade senza il nostro volere».

Ma Edipo esiste, oggi, dove dobbiamo cercarlo?
«Quando Edipo finalmente scopre chi è, c’è una enorme spiritualità che entra in lui. Quando capisce che c’è una pace, dopo il suicidio della moglie e madre, che arriva dopo tutti gli avvenimenti terribili. E lui dice che da tutto questo arriva una pace che non aveva prima. Se si vuole pensare ad un paragone penso all’idea di accettare quello che ci accade. E Sofocle fa di ciascuno di noi Edipo, facendo subire a tutti noi la catarsi della sua sofferenza».

La peste richiama il Covid...
«Ma la peste non è un tema. Quando inizia il dramma c’è la peste e il popolo di Tebe spera che Edipo possa risolvere il problema».

La scenografia è semplice ma imponente: una scala altissima che chiude lo spazio e arriva fino all'ultima gradinata del teatro (firmata da Radu Boruzescu).
La scala è una metafora potente. Edipo è il re, dovrebbe essere in cima, ma la sua scelta è diversa. Lui ama il popolo, vuole proteggerlo, ma sarà schiantato dalle conseguenze delle sue stesse azioni. Vince la scala o vince Edipo?
«La scala è una scala. Non è una metafora. Siamo arrivati a questa scena pensando a una grande scala. È una scelta precisa avere questa scenografia. Dobbiamo trovare un’unità di luogo, di spazio, di tempo. Abbiamo deciso di avere un unico insieme, un oggetto monolitico che non cambia mai: un’enorme scala in calcestruzzo che conduce a un ingresso del palazzo dalla sottostante piazza urbana. Dovevamo trovare un luogo in cui succede l’azione. Edipo Re è un dramma urbano: siamo a Tebe e non fuori. Siamo in città, davanti al Palazzo Reale dove abitano Edipo, Giocasta e Creonte ed era importante trovare una separazione tra loro ed il popolo. È una scelta intuitiva per me per avere un modo di sviluppare l’azione: io sono convinto che ognuno degli spettatori potrà comprendere. E poi la scala completa il teatro che è formato da una serie di gradini».

Un popolo di 80 attori in scena.
«Il popolo è fondamentale. Dall’inizio ho detto che i cittadini sono il secondo ruolo, presenti per quasi tutta l’azione. È stato importantissimo avere un grande gruppo: siamo in ottanta. Per sentire l’impatto del popolo. Questo dramma per me è incredibile nella sua umanità: non ci sono dei. Loro parlano di Apollo, Bacco, Ermes ma non sono presenti. Qui siamo unicamente con le persone. Il dramma è commovente. La cosa che a me interessa è il testo. Questo dramma è scritto in modo particolare: non tollera molte interferenze. C’è la musica, ma non molta, ed in momenti molto particolari».

Più che una compagnia ha creato un gruppo, in scena e fuori.
«Attori fantastici e geniali. Ho passato molto tempo per trovarli. Edipo è molto preciso con l’età: Giuseppe Sartori, 35 anni, ha l'età giusta. Per me è molto importante avere compagnie che stanno bene insieme. Abbiamo fatto tutto insieme. Ho avuto un’esperienza al Piccolo di Milano con "Madre coraggio" e sono rimasto impressionato da Maddalena Crippa (Giocasta) che recita dall'alto della scalinata del potere».

A Graziano Piazza il compito di mettere in scena Tiresia: indosserà delle lenti a contatto bianche, e sembrerà veramente cieco. I costumi sono di Luis Carvalho.
«Siamo in un teatro unico. C’è sempre una grande emozione. Qui tutto è magnifico perché questo posto non si può paragonare ad alcun altro. È molto forte fare questa tragedia in particolare. Sono fortunato e onorato di poter fare questo mestiere. Il teatro è come la vita: non c’è mai abbastanza tempo. Ma la vita non è una prova mentre in teatro si prova e si cambia».

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