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Pensioni, dipendenti regionali siciliani a rischio esclusione da "Quota 100"

Una complicazione di cui il governatore Musumeci avrebbe volentieri fatto a meno, soprattutto in questa fase di fibrillazione, provocata dalle trattative legate alla Finanziaria.

La sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha condannato la Regione siciliana al pagamento di 2,14 miliardi di euro per ripianare il disavanzo del 2017. I giudici hanno respinto il ricorso presentato dal governo Musumeci (che si è insediato nel dicembre 2017) contro la negata parifica del documento contabile da parte della sezione siciliana della Corte dei conti.

L’assessore all’Economia e vicepresidente della Regione, Gaetano Armao, sottolinea che sarà possibile spalmare il debito in 30 anni con rate di 71,3 milioni l’anno, come previsto dall’accordo Stato-Regione, chiuso recentemente, «altrimenti avremmo dovuto trovare oltre 700 milioni in tre anni».

Ma dopo la complicazione arriva anche il carico. Lo mette il deputato all’Ars, Tommaso Calderone di Forza Italia. "Dopo un lungo iter è stato approvato il Decreto sulla Quota 100 che riforma il sistema pensionistico italiano. Tale misura però crea disparità di trattamento tra i soggetti gestiti dall’Inps rispetto ai dipendenti della Regione Siciliana, la cui gestione previdenziale è affidata al Fondo Pensioni Sicilia".

Calderone ha presentato un emendamento che potrebbe costare caro alle casse regionali e finalizzato ad equiparare i due trattamenti pensionistici. Nello stesso documento è previsto che il Tfr possa essere erogato subito fino a 30 mila euro. La parola, come riporta la Gazzetta del Sud in edicola, passa alla commissione bilancio.

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