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L'operaio dei cantieri di servizio morto a Messina, la tragedia e il gesto d'amore

Cinquantasei anni, più o meno la mia stessa età. Tre figli, come i miei. Chiedo perdono se sto scrivendo, per una volta, in prima persona, ma da giorni il mio pensiero fisso è rivolto a Giovanni Caponata.

Ho sperato, ho pregato, abbiamo lottato tutti con lui, ma non ce l'ha fatta. E allora come un nastro che si riavvolge, la mente è tornata indietro. Al 16 settembre. Mi sono immaginato quella mattinata, le ore che l'hanno preceduta, lo stato d'animo di un padre di famiglia che si presenta al “primo giorno di lavoro”, in uno di quei cantieri servizi attesi da cinque anni.

Sì, avete capito bene, 5 anni, dai tempi di Rosario Crocetta. Un sostegno assistenzialistico che, in qualche modo, diventa un appiglio di speranza, anche se solo per 90 giorni, per un esercito di disoccupati. Giovanni Caponata si è presentato assieme ad altri 464 messinesi, di tutte le età, storie diverse l'una dall'altra (chi è stato licenziato, chi ha sempre lavoricchiato in nero, chi non ha mai avuto la possibilità di accedere al mondo del lavoro), ma tutte accomunate da angosce e da speranze.

Specchio di un disagio sociale ed economico che si riflette ormai in ogni ambiente, che tocchiamo con mano ogni giorno, in questa città che è lo spaccato di un sempre più profondo Sud.

Giovanni Caponata aveva fatto il corso di formazione, come tutti gli altri impegnati nei 32 cantieri, ed era felice perché almeno per tre mesi avrebbe avuto un sussidio di poco inferiore ai mille euro, a fronte di 20 ore di lavoro settimanale. E quel giorno, la mattina del 16 settembre, era lì, a trattenere l'emozione (ebbene sì, anche a 56 anni ci si può emozionare per il “primo giorno di lavoro”...), nel salone delle Bandiere, lì a mettere la sua firma davanti all'assessore Alessandra Calafiore e ai responsabili del procedimento dei 32 cantieri.

Poi, ha cominciato il suo servizio alla scuola Cannizzaro-Galatti. Meno di un mese e tutto si è dissolto, per un maledetto incidente sul quale ora la famiglia chiede sia fatta verità. È da giorni che penso solo a Giovanni Caponata, ai suoi 56 anni, a sua moglie, ai suoi tre figli, a questa città che non riesce a offrire altro che assistenzialismo e lavoro precario, a questa terra sventurata.

Ma ora penso anche che grazie a Giovanni Caponata, grazie a un meraviglioso gesto d'amore voluto dalla famiglia, ci saranno altre persone che vivranno. E questo pensiero, pur non cancellandole, lenisce in qualche modo la tristezza e la rabbia.

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