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Ponte sullo Stretto, si riaccende il dibattito: annunci e insulti reciproci tra i fronti contrapposti

Il progetto del Ponte sullo Stretto

«Prima deve esserci una discussione dentro la maggioranza e un confronto con i territori sulla valutazione dell'impatto di quest'opera. E poi, con l'arrivo delle risorse del Recovery Fund, secondo me possiamo immaginare una fase di studi e di progettazione». Le parole sono importanti e se a scandirle è la ministra dei Trasporti e delle Infrastrutture Paola De Micheli (intervenuta ieri a Radio Anch'io, su Rai Radio1) non possono cadere come foglie d'autunno. Le parole pesano anche se spesso diventano solo specchietti per le allodole, spade, sciabole e fioretti da utilizzare quando comincia a sentirsi nell'aria odor di campagna elettorale.

Ponte e Stretto sono due parole. Dimenticate o abusate, brandite come arma o ridicolizzate. Il vero delitto è che la gente non ci crede più. Il guaio è che il Ponte, l'opera di ingegneria civile tra le più straordinarie, se dovesse essere realizzata, al mondo, è finito nel novero delle stravaganze, una fola, una favola, una follia. È che lo Stretto, senza Ponte, è considerato un dettaglio trascurabile, un luogo geopolitico senza alcuna rilevanza. Ecco, il vero delitto perpetrato in tutti questi decenni: svuotato il pozzo della buona fede e della fiducia, è rimasto il deserto, seppur riempito da proclami, annunci e insulti reciproci tra i fronti contrapposti del “Sì” e del “No”.

L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud, edizione Sicilia

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