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Messina, referendum per Montemare: dalla consultazione anche rischi per l'economia

Due anni fa l'assessore regionale agli Enti locali, la messinese Bernadette Grasso, aveva sospeso il referendum per la costituzione del nuovo Comune di Montemare, in attesa della pronuncia del presidente della Regione Nello Musumeci, sul ricorso presentato dal sindaco di Messina Cateno De Luca. A distanza di due anni, lo scenario è cambiato, De Luca ha firmato il decreto di indizione della consultazione referendaria per il prossimo 13 dicembre e l'assessore agli Enti locali dice di attendere l'evolversi degli eventi. «Non è la prima e non sarà l'ultima volta in cui si chiede l'istituzione di nuovi Comuni, dopo l'esito del referendum dovranno essere la Giunta regionale e l'Ars a pronunciarsi», si limita a dichiarare Bernadette Grasso.

Il caso più recente in Sicilia sembra presentare parecchie somiglianze con quello riguardante i 13 villaggi (in realtà, sono 12 perché Massa San Nicola ufficialmente non ha neppure un abitante) delle zone collinare e rivierasca all'estremità nord del territorio messinese. Siamo a Trapani. Nel 2018, dopo un lungo iter iniziato nel 2005, si svolge il referendum per la “secessione” dalla “casa madre” di otto frazioni, decise a costituire il nuovo Comune di Misiliscemi (nome derivante dall'arabo, “Masil Escemmu”, luogo dove scorre l'acqua). Le frazioni sono quelle di Fontanasalsa, Guarrato, Locogrande, Marausa, Palma, Pietretagliate, Rilievo e Salinagrande, un territorio grande circa 93 km quadrati e con una popolazione di 8669 residenti (più o meno equivalente a quella censita tra Castanea, Gesso, Salice, le Masse e la costa da San Saba a Ortoliuzzo).

I trapanesi di città snobbarono clamorosamente la consultazione referendaria del 28 maggio 2018, nelle frazioni interessate si raggiunse invece il quorum con una percentuale di votanti del 52,04. Votando, di fatto, solo gli abitanti di quelle frazioni, il Sì stravinse (3.336 contro i 391 no). E così Misiliscemi si è avviato a diventare un nuovo Comune, sottraendo alla città di Trapani un terzo del suo territorio. Nello stesso periodo in cui proprio nel capoluogo di provincia della Sicilia occidentale si va discutendo dell'accorpamento con il Comune di Erice per far nascere la “Grande Trapani”. Contraddizioni inspiegabili, tipiche della terra di Sicilia. Il resto d'Italia va esattamente in direzione opposta.

Anche a Trapani, come dovrebbe accadere a Messina il 13 dicembre, in base all'articolo 8 della legge regionale 30 del 2000, che disciplina le variazioni territoriali e di denominazione, si è adottato il sistema del doppio quorum, con il territorio diviso in due porzioni, in questo caso le 8 contrade e il resto della città e dove basta raggiungere il 50 più uno in una delle due sezioni per avere una consultazione valida. Trattandosi di un referendum consultivo, ecco spiegato perché poi l'ultima parola è della Regione che deve ratificare (sempre che l'Ars voti a favore) la creazione del nuovo Comune con una legge.

Le conseguenze di una eventuale scissione possono essere molteplici. Intanto, creano un precedente pericoloso: chi potrà mai impedire che altri villaggi indicano nuove consultazioni referendarie con lo stesso intento di staccarsi dal Comune di Messina e di crearne uno nuovo? Avremo un sindaco a Castanea, uno a Pezzolo, uno a Galati, uno a Giampilieri, uno a Larderia, uno per ciascuno dei 48 borghi e casali di cui è composta la nostra città? Qualcuno sta sottovalutando la pericolosità di questa consultazione.

Ci sono conseguenze sul piano economico. C'è un motivo per il quale in tutt'Italia si incentivano le unioni o le fusioni di più Comuni, considerate - secondo il legislatore italiano - «la forma più compiuta di semplificazione e razionalizzazione della realtà dei piccoli centri». E per le quali vi sono appunto consistenti incentivi statali, con la creazione di un Fondo di solidarietà comunale, di complessivi 60 milioni annui in favore del finanziamento delle unioni e delle fusioni di Comuni, con un ulteriore accantonamento di 25 milioni di euro che a decorrere dal 2022 sarà destinato ad incremento delle risorse destinate all'erogazione del contributo straordinario previsto per i Comuni che danno luogo alla fusione o alla fusione per incorporazione. Oltre agli incentivi di natura finanziaria, nell'ordinamento statale italiano sono state previste ulteriori misure incentivanti ai processi di fusione dei piccoli e medi Comuni. Tra queste disposizioni, quella ad esempio riguardante l'attenuazione dei vincoli di spesa per le assunzioni in organico e i rapporti di lavoro a tempo determinato nei nuovi Comuni generati da fusioni.

Castanea e gli altri villaggi rivendicano come principio di democrazia il diritto a consultare i propri residenti, e l'intera popolazione messinese, su un quesito referendario che ha implicazioni pesanti sull'intera organizzazione del Comune capoluogo. «Vi siete svegliati tardi, ormai il dado è tratto», fanno sapere dal Comitato promotore che sventola il vessillo di Montemare. In realtà, i problemi del decentramento amministrativo sono quasi quotidianamente sotto i riflettori e riguardano tutte le periferie, che siano ubicate in collina, nelle zona di frangia del perimetro urbano o nelle località costiere meta di turismo stagionale. E sono problemi che vanno affrontati dall'intera comunità, con l'Amministrazione in testa (che ha il dovere di assumersi le proprie responsabilità) e con le istituzioni decentrate (le Municipalità) subito a ruota. Ma se prevale la logica “secessionista” - la stessa che avrebbe voluto dividere l'Italia... -, si tornerebbe indietro nel tempo, minando alle basi lo stesso status di Città metropolitana di Messina (status che porta vantaggi in termini di contributi economici, oltre che di prestigio e di immagine).

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